di Lucio Sanna
Articolo tratto da “La Nuova Sardegna” del 28 giugno 2013
Razzu: «La zona franca? Sarebbe un boomerang»
Parla l’economista di Sorso che da anni insegna in un’università britannica «Tutte le esperienze internazionali sconsigliano questa scelta per la Sardegna»
LONDRA. Prendere come testimonial le Isole Canarie e sostenere le buone ragioni per l’introduzione della zona franca in Sardegna è «un boomerang» ma anche «la non conoscenza di quanto avviene nel mondo». Intanto le Canarie «non sono un paradiso fiscale ma zona a fiscalità di vantaggio. Era stata introdotta nel 2000, con la tassa locale sui consumi al 5%, con la copertura del governo spagnolo e dell’Ue. Oggi le Canarie presentano dati di fatto tanto inequivocabili quanto disastrosi: dopo 13 anni di quei vantaggi fiscali la situazione economica racconta il 38% di povertà complessiva, il 44% del tasso di disoccupazione, quella giovanile supera il 60, quasi il 20% in più di quanto avviene nella disastrata Sardegna. E ancora: «So che pochi giorni fa c’è stato un dibattito sul futuro della Sardegna a Scienze politiche di Sassari. Una sociologa cagliaritana, Lilli Pruna, ha detto: il lavoro che manca non lo crea la zona franca. Concordo».
Sono riflessioni che giungono da Oltre Manica da Giovanni Razzu, 38 anni di Sorso, per 7 anni senior economist a Downing Street, vincitore di concorso sotto Tony Blair, corteggiato da Gordon Brown, riconfermato dal conservatore David Cameron. Dopo la Bocconi e la London School of Economics, aveva studiato le economie più povere del mondo nel cuore dell’Africa e del Sud America. Oggi è professore di Economia delle politiche pubbliche in una università al top nel mondo, a Reading (quasi 17mila studenti con 125 nazionalità differenti). Razzu è un lettore fedele della Nuova Sardegna on line e, sulla zona franca, conosce il dibattito di questi giorni tra Sardegna, piazza Montecitorio, faceboook e twitter. Dice: «Concordo con Francesco Pigliaru che nel suo blog sostiene che sia comunque importante questo dibattito. Ma bisogna intendersi. La zona franca – contrariamente a quanto molti dicono – non rappresenta l’unico modello di sviluppo, come propagandano i proponitori, in particolare quelli schierati attorno al sito ufficiale zonafrancasardegna. Anzi, alla Sardegna potrebbe costare carissima. Si può imparare molto dalle esperienze in altri Paesi e dalle ricerche che ne hanno valutato gli effetti: queste insegnano che la fiscalità di vantaggio territoriale non crea reddito e occupazione aggiuntiva e che i costi sono generalmente superiori ai benefici. Perché si innescano effetti collaterali enormi: le attività definite nuove non sono infatti nuove ma sostitutive di altre, alcune si spostano da una zona all’altra per trarre vantaggio dei benefici. E alcuni benefici vanno a vantaggio di persone e attività fuori dalla zona di interesse. Io non parlo, come il professor Viktor Uckmar, della fattibilità legale della zona a fiscalità di vantaggio, ma delle conseguenze economiche. Faccio puramente una valutazione di politica economica. Mi interessa misurare i benefici concreti».
Qualche esempio, qualche raffronto.
«Già dal 1993 in Inghilterra si è confermato che le Enterprise Zones avevano fallito nel generare nuove attività industriali. Tra il 1984 e il 2001 la disoccupazione nel Regno Unito era calata del 66% ovunque, sia nelle zone a fiscalità di vantaggio sia in quelle senza. In quelle zone nessun miracolo particolare era avvenuto».
Molti citano l’esperienza della California.
«Il costo netto delle varie iniziative in California era diventato nel 2003 quasi di 300 milioni di dollari. I costi superavano, e di parecchio, i benefici. Anche in Inghilterra una valutazione economica governativa ha provato che il costo netto della zona fiscale era nel 1987 di 23.000 sterline per ogni posto di lavoro creato. In Francia l’esenzione sulle tasse sul reddito concessa a 26mila lavoratori ammontava a 53 milioni di euro. Ma dei 26mila beneficiari solo 6mila erano lavoratori nelle zone di interesse fiscale. Chi ha analizzato l’iniziativa ha concluso che gli effetti in termini di lavoro creato sono stati ovunque modesti considerando i costi enormi dell’iniziativa».
In Sardegna s’insiste molto sulla eliminazione dell’Iva.
«Bene. Considerando solo la cancellazione dell’Iva – quasi 2 miliardi di euro nelle entrate del bilancio della Regione nel 2012 – e analizzando non solo il moltiplicatore che molti usano in modo non idoneo, quei 2 miliardi creerebbero un effetto netto di meno della metà. Tuttavia sono potenzialmente 2 miliardi meno in spesa per educazione, sanità, trasporti, sostegno agli enti locali: il 20% delle entrate regionali totali, di quasi 8.5 miliardi, nel 2012. A meno che non si pensi che questi 2 miliardi non arrivino dal governo nazionale (aiuti di Stato, quindi) o che la spesa improduttiva della regione sia del 20% e possa essere ridotta semplicemente. Detto più chiaramente: la solo auspicata diminuzione dell’Iva costerà ai sardi molto ma molto salata».
Come giudica su questo tema il dibattito generale in Sardegna?
«Molto debole, fragile, non poggiato su valutazioni solide, tanta propaganda su un argomento vitale per la Sardegna. Perché non bisogna chiedere chiarezza in un dibattito così importante? In questo modo si potrebbero valutare i costi e i benefici della proposta. Si sa, per esempio, che la Sardegna è un’isola schiacciata dal peso di soffocanti barriere economiche: pesa l’assenza di collegamenti sicuri, di porti efficienti, di una rete ferroviaria adeguata, di una dotazione energetica moderna e a costi sostenibili, di tassi di istruzione fra i più bassi d’Europa, di un incremento crescente dei tassi di dispersione scolastica, di una burocrazia inadeguata. Penso a quando non rende quanto dovrebbe l’agricoltura, l’attività delle pesca, importiamo tutto, anche carne e pesci. Mancano grandi e piccoli progetti. Manca l’ordinaria amministrazione. Ebbene, l’evidenza sulle zone a fiscalità di vantaggio mostra che questi problemi strutturali, non solo non si superano con la fiscalità di vantaggio, ma sono proprio tra le cause dell’insuccesso di tali iniziative».
A parte le evidenti speculazioni elettoralistiche, lei ha definito la proposta confusa. Perché?
«A momenti ci si riferisce a un paradiso fiscale, in altri alle Canarie. Quando ci si riferisce alle Canarie, si propone un puro aiuto statale. Inoltre, l’eliminazione dell’Iva vuol dire aiuto di Stato nella forma di incentivo fiscale. Questo dimostra un approccio singolare: da una parte si suggerisce che l’intervento dello Stato nell’economia è negativo e da evitare. Ma dall’altra parte ci si riferisce al moltiplicatore keynesiano per sostenere che quell’aiuto di Stato avrà un effetto moltiplicatore dell’economia. Siamo davvero a posizioni contraddittorie. Posizioni personali vengono propagandate senza supporti scientifici».
In che direzione andare? Siamo a pochi mesi dalle elezioni regionali.
«Tralascio il problema del voto. Però da sardo e da economista sono molto preoccupato. Non voglio apparire un detrattore, uno che vuole sparare comunque a zero sulla zona franca senza conoscenza delle fondamenta di politica economica, ma tutt’altro. Guardo ciò che è avvenuto nel mondo e alle valutazioni di tali esperienze. La Sardegna non è né Montecarlo ma neanche Livigno o la Valle d’Aosta. Vorrei che si arricchisse di contenuti un dibattito povero dei fondamentali della politica economica che gli sponsor della zona franca rinfacciano a chi loro si oppone. Mi chiedo: perché il risultato della fiscalità di vantaggio in Sardegna dovrebbe essere diverso da quello della maggior parte delle esperienze di altri Paesi? Perché i risultati in Sardegna saranno diversi da quelli delle Canarie per esempio, dove, rimarco, dopo più di 10 anni di vantaggi fiscali, hanno una disoccupazione giovanile record? Lo ripeto, sono preoccupato. Quelli che si sono schierati, credo senza conoscere i risultati di 30 anni di esperienze mondiali, troveranno difficile fare un passo indietro. Ma devono farlo. Ragionando sui numeri, bandendo gli slogan».
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La risposta di Antioco Patta per i comitati Zona Franca
Coordinamento Regionale Zona Franca Sardegna
Sede Provvisoria Oristano
Oristano 30.6.2013
Spett.le Direzione Quotidiano La Nuova Sardegna
Oggetto: articolo-intervista al Prof. Giovanni Razzu del 28 giugno 2013 pag. 5 di La Nuova Sardegna dal titolo “l’isola del fisco” e “Razzu: <La zona franca? Sarebbe un boomerang>”.
Premesso che ci fa meraviglia che un sardo residente all’estero si esprima in modo così perentoriamente negativo su una rivendicazione della politica e delle istituzioni sarde, che è storia di decenni e che ha riguardato tutte le coalizioni di governo che si sono avvicendate alla guida dell’isola, come “movimento pro Zona Franca” non condividiamo affatto, l’opinione del giovane professore nativo di Sorso soprattutto nei contenuti veri e sostanziali.
Infatti, ciò che salta subito agli occhi è che Razzu salta a piè pari il ruolo e la funzione svolto dalle zone franche nel mondo (che di fatto sono un volano dell’economia mondiale) e dimentica di fare cenni storici alla vicenda “Zona Franca della Sardegna”, omette le questioni di diritto, non cita uno straccio di legge che contrasti con le nostre rivendicazioni, confonde la nostra zona franca con le “zone franche urbane” (tanto care al PD sardo ma non a noi) e che hanno deluso le aspettative (lui stesso cita l’esempio francese), ma soprattutto ed in modo maldestro, oltre a non azzardare nessuna proposta alternativa per la Sardegna, fa affermazioni non rispondenti al vero quando mette in automatismo le entrate IVA con la sanità e commette gravi omissioni che non sono perdonabili ad un economista quando porta incomplete informazioni sulle Isole Canarie con l’evidente intento di alterare la realtà dei fatti.
Ma andiamo per ordine;
Non cita uno straccio di legge che confuti le rivendicazioni dei 150 comitati civici e le delibere di oltre 300 consigli comunali che si sono pronunciati con l’assistenza di 300 segretari comunali laureati in giurisprudenza oltre che con altre consulenze di elevatissima professionalità.
Porta generici riferimenti a contesti californiani, inglesi e francesi ma senza controprova alcuna sui risultati senza quegli interventi di aiuto; facciamo noi due domande a Razzu: ha provato a chiedere l’opinione alle popolazioni direttamente interessate?. Perché non propone al Governo Britannico di abolire le “free zone” che ha istituito nei porti, negli aeroporti e nelle isole?. La risposta è talmente scontata da apparire ovvia anche ai ragazzini delle scuole elementari ma non ai professori ed agli intellettuali militanti.
Omette di dire che la fiscalità di vantaggio è ormai nell’agenda dell’Unione Europea e che è addirittura uno dei 6 punti del piano di rilancio europeo della Merkel.
Tornando alla questione Sardegna; ancora una volta e strumentalmente si affiancano il gettito IVA e la sanità facendo credere che vi sia un rapporto diretto di “do ut des”, ebbene, ciò è falso poiché le rimesse alla regione sono dentro un paniere nazionale basato su parametri convenzionali che non sarebbe toccato da un’eventuale agevolazione alla Sardegna poiché inquadrata dentro il principio della “discrimine positiva e della compensazione di svantaggi oggettivi” (quindi fuori dall’ambito degli aiuti di stato).
Piuttosto, anche in questo caso, Razzu omette di evidenziare che a proposito di “imposte indirette” alla Sardegna viene negata la quota spettante di “Imposta di Fabbricazione” sugli idrocarburi e prodotti energetici lavorati nell’isola e che sommano a circa 5 miliardi di euro, dei quali ci vengono attribuiti solo 0,7 con un danno alle casse regionali che vale il doppio dell’intera IVA (questo a proposito dei trasferimenti statali).
I riferimenti alle Isole Canarie invece sono parziali e di una superficialità evidentemente voluta e maligna. Definire “disastrosi” i risultati delle agevolazioni godute dalle Canarie è disonesto intellettualmente; li completiamo noi i dati sulle isole spagnole:
– Le Isole Canarie hanno 2,3 milioni di abitanti su 7.484 Kmq di superficie prevalentemente rocciosa quindi con scarse possibilità di autosufficienza alimentare.
– Grazie agli aiuti sono una delle regioni più infrastrutturate del mondo: hanno 8 aeroporti dei quali 6 internazionali, 10 porti ed altri 12 in costruzione.
– Hanno una delle più alte concentrazioni di hotels a 4-5 stelle del mondo e 14 milioni di turisti per oltre 77 milioni di pernottamenti (circa 7 volte la Sardegna)
– Hanno oltre 1.500 voli settimanali per l’Unione Europea.
– Hanno due università, 32 “College” bilingue e 2/3 degli abitanti parla almeno due lingue
– La telefonia mobile copre il 99 % del territorio, hanno 50.000 km di fibra ottica ed una copertura del 90 % del territorio con ADSL-WiFi-Banda Larga.
– Ricavano il 78 % del PIL dai servizi e ciò indica uno stato di società avanzata
– I dati sulla disoccupazione sono fuorvianti per il semplice fatto che la gran parte delle attività sono legate al turismo che ha uno sviluppo attorno agli 8 mesi all’anno e quindi non si tratta di disoccupazione strutturale ma congiunturale e stagionale.
– Quanto alla povertà citata da Razzu è evidente che si parla delle medie convenzionali europee che hanno solo un valore statistico generale, infatti, il costo della vita nelle Canarie è come noto molto più basso della media europea e che corrisponde a circa il 50 % di quello medio nazionale italiano ed addirittura appena 1/3 di quello della City dove abita il giovane economista, infatti, e lo dimostrano dati “reali e non convenzionali” sui costi di alcune voci importanti quali: affitto di casa, servzio acqua-energia-riscaldamento-rifiuti, pasto al ristorante, spesa settimanale per famiglia di 4 persone, assicurazione auto, carburanti; ecco la media di Canarie-Italia-Londra in euro:
– Affitto mensile di casa: 150-400-800
– Servizi al mese: 50-250-500
– Pasto Ristorante: 8-30-50 a pasto
– Spesa settimanale: 80-200-500
– Assicurazione annuale: 225-800-1500
– Carburanti al litro: 1,05-1,75-1,50
Non ci vuole molto a capire che nelle Canarie con 500 euro si vive decorosamente, in Italia si pagano a malapena le bollette ed a Londra si vive sotto i ponti.
Nelle Canarie si paga un’imposta indiretta (tipo IVA) del 7 % che si aggiunge al costo iniziale e senza altri balzelli, non si pagano imposte-tasse tributi su transazioni patrimoniali e sono ridotte al minimo anche le imposte sui redditi (le imprese pagano il 4 % e se assumono scende anche sotto), così per l’INPS e per la parte dei lavoratori…..basso, schematico, quasi a “burocrazia zero”.
Un’ultima cosa sulle Canarie……forse la più importante di tutte: queste isole hanno il più basso tasso di criminalità al mondo, il più alto tasso di cura dell’ambiente ed elevata scolarizzazione, nei parametri internazionali della qualità della vita hanno un fantastico 10 che li colloca al vertice mondiale……alla faccia dei professori militanti che parlano di cose che non conoscono.
Infine, un cenno sul versante del diritto e delle prerogative del popolo sardo che G. Razzu sembra ignorare; anche in questo caso lo facciamo con una domanda: quando La Marmora, Todde, Cao, la Commissione Pais-Serra, Deffenu, Bellieni, passando per l’Assemblea Costituente e la legge costituzionale 3/1948, il Protocollo d’Intesa Stato-Regione del 21.4.1997, il D.Lgs 75/1998 anch’esso di rango costituzionale, l’Intesa Istituzionale e di Programma del 21.4.99, il DPCM del 7.6.2001 e la L.R. 10/2008, cosa intendevano realizzare per la Sardegna?. Forse quello che dice Lei professor G. Razzu?. Forse volevano la nostra emarginazione economica e produttiva?. Forse volevano le nostre imprese fuori mercato?. Forse volevano 390.000 disoccupati e 380.000 persone in povertà assoluta?. Forse volevano pensionati e cassintegrati alla fame e decine di suicidi all’anno?. Forse ci volevano sotto embargo e privi di autonomia?. Forse volevano una nuova emigrazione che tranne il suo fortunato caso è più simile ad una diaspora criminale e di sterminio?.
No caro Razzu; questi che prima di noi hanno parlato di zona franca, volevano una Sardegna migliore e più emancipata, lo hanno anche scritto nelle leggi, quelle LEGGI DELLO STATO delle quali stiamo rivendicando l’applicazione! ”pacta sunt servanda” caro Prof. Razzu. Saluti la City.
Fonte: http://sovranidade.org/?p=4200