La scomparsa del presidente uzbeko Islam Karimov fa uscire allo scoperto uno dei fantasmi vaganti da tempo per l’Asia Centrale: quello del ricambio di una classe dirigente monolitica senza la presenza di chiare e condivise regole che ne normino la successione, proprio quello che è avvenuto in Uzbekistan. Che la scomparsa di Karimov avesse provocato uno scontro interno alla classe dirigente uzbeka era già chiaro nel momento in cui la morte del leader è stata tenuta nascosta per alcuni giorni. Ora sembra che la lotta per la successione possa essersi conclusa, con notevoli risvolti.

Teoricamente il nome del nuovo presidente sarebbe dovuto uscire da elezioni presidenziali da tenere  tre mesi dopo la morte di Karimov, fino a quella data il ruolo di presidente ad interim sarebbe spettato a Nigmatilla Yuldashev, presidente del senato uzbeko, ma il parlamento ha invece nominato  al suo posto il primo ministro Shavkat Mirziyoyev. Le elezioni si terranno comunque ma la scelta di  Mirziyoyev sembra essere un chiaro segnale di quale sarà il risultato delle urne. Uomo vicino a Karimov, come lui del clan di Samarcanda, il nuovo presidente ha tuttavia visioni diverse in politica estera.

Se da un lato Mirziyoyev, molto vicino a Rustam Inoyatov il potentissimo capo dei servizi segreti uzbeki ed ex ufficiale del KGB, sembra garantire la continuità del clan al potere, dall’altro rappresenta una decisa sterzata filorussa per quanto riguarda la politica estera uzbeka, tenuta da Karimov sempre oscillante tra Mosca e Washington ma con una significativa crescita dell’influenza cinese nell’ultima parte della sua vita. Proprio la Cina rischia di avere diversicontraccolpi negativi se la scelta del nuovo presidente uzbeko verrà confermata dalla tornata elettorale.

Per la politica cinese l’Uzbekistan è una pedina fondamentale per diverse ragioni, a partire dalla New Silk Road ossia la rotta commerciale ormai al centro dei progetti di Pechino. L’Uzbekistan è poi un partner strategico per la fornitura di gas, al punto che sotto Karimov le esportazioni uzbeke sono talmente cresciute da danneggiare il fabbisogno energetico dello stesso Uzbekistan, infine il tema più scottante che rischia di essere una vera e propria bomba ad orologeria, vale a dire il problema degli uighuri e del loro rapporto con il mondo del fondamentalismo islamico.

L’Uzbekistan è infatti patria dei più importanti gruppi di estremisti islamicidella regione, come l’IMU (Islamic Movement of Uzbekistan) già in passato al centro di numerose vicende e che, con la morte di Karimov, potrebbe approfittare del clima di confusione dovuto al passaggio dei poteri, sfruttando le tensioni sociali ed etniche che serpeggiano tra la popolazione uzbeka. Una delle soluzioni che la nuova classe dirigente potrebbe utilizzare per riunire il paese contro l’estremismo islamico è proprio il nazionalismo, del quale anche i cinesi potrebbero subirne le conseguenze.

Che la Cina sia al centro di una situazione complicata è dimostrato anche dalla recente autobomba contro l’ambasciata cinese di Bishkek, la capitale del Kirghizistan. Se in un primo momento le responsabilità erano state attribuite, viene da dire ovviamente, agli uighuri ora la questione si fa complessa. Le autorità di Mosca hanno infatti dichiarato che dietro all’attacco suicida ci sarebbe un commando internazionale composto da russi, cinesi e tagiki, una verainternazionale del terrore. Come se non bastasse, in gran parte dell’Asia sono sempre più evidenti sentimenti anticinesi.

Come ha dimostrato almeno un attentato in Thailandia, la questione uighura rischia di infiammare anche il sudest asiatico, in una intricata rete di alleanze in cui sarà decisivo il ruolo che proprio gli uighuri giocheranno, saldandosi o meno con lotte locali come quella dei separatisti thailandesi, in base alla collocazione nel panorama fondamentalista. La presenza di combattenti uighuri in Afghanistan è stata da tempo provata, così come quella di uzbeki tagiki e russi. Un fronte islamico centroasiatico che potrebbe presto diventare preoccupante e premere sulle frontiere cinesi.

La perdita di un alleato importante come Islam Karimov sembra agitare le notti di Pechino, che saranno ancora più agitate se l’Uzbekistan, la più importante forza militare della regione, presente anche nella SCO (Shanghai Cooperation Organisation) farà emergere i limiti del rapporto tra Cina e Russia che, se non conflittuale, non è comunque esente da rivalità e sovrapposizione di interessi. Non resta che aspettare e vedere dove Mirziyoyev o (difficilmente) chi per lui, porteranno l’Uzbekistan, per gli uzbeki la fama del presidente ad interim non promette nulla di buono.

FONTE: Farfalle e trincee

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