La furia iconoclasta ora è alla sbarra. Per la prima volta nella sua storia, la Corte penale internazionale dell’Aja processa per crimini contro l’umanità uno degli autori del danneggiamento del patrimonio dell’Unesco. La notizia arriva dopo mesi d’impotenza, passati ad osservare la città di Palmira sbriciolata a colpi di piccone, ruspe ed esplosivo.
L’imputato è Ahmad Al Faqih al-Mahdi, conosciuto come Abu Tourab, membro del gruppo jihadista tuareg Ansar Eddine (Difensori dell’Islam) vicino ad al Qaeda nel Maghreb (Aqim). L’uomo è stato arrestato dalle autorità del Niger che lo hanno consegnato alla giustizia internazionale il 26 settembre 2015 con l’accusa di aver guidato la distruzione di almeno nove tra moschee e mausolei costruiti tra il XIII e il XVII secolo.
Nel 2012 inizia l’occupazione jihadista del nord del Mali. I miliziani di Ansar Eddine arrivano a Timbuctù armati di piccone e circondano la “Città dei 333 Santi” con le loro jeep.A dare il via al macabro rituale di adorazione della polvere, come raccontano gli atti dell’accusa, è proprio Ahmad Al Faqi al-Mahdi. Cade il mausoleo di argilla cruda di Cheikh Sid Mahmoud Ben Amar. Poi le tombe degli altri due santi islamici Sidi el Mokhtar e Alfa Moya. Prima di andarsene “i demolitori” si accaniscono sulla porta sacra della moschea Sidi Yahiya, simbolo cinqucentenario della difesa della città.
Il giornalista americano Joshua Hammer nel suo “I bibliotecari temerari di Timbuctù – e la loro corsa per salvare i manoscritti più preziosi del mondo”, che uscirà in Italia il prossimo anno, racconta le rocambolesche operazioni con cui un gruppo di bibliotecari maliani riesce a mettere in salvo un tesoretto di 350mila manoscritti trasportandoli lungo gli 800 chilometri che collegano Timbuctù alla capitale.
La storia di questa città ricorda quella di Palmira. Così come l’impegno dei bibliotecari raccontato da Hammer ci restituisce il ricordo del coraggioso Khaled al-Asaad, l’archeologo ottuagenario di Palmira trucidato dallo Stato islamico per aver trafugato alcune delle vestigia della città prima che, su di esse, si abbattesse la scure iconoclasta delle bandiere nere.
La “guerra contro i falsi idoli”, così come la chiamano gli islamisti, comincia ben prima dell’avvento dello Stato Islamico in Siria ed in Iraq. Nell’elenco dei dieci tesori dell’umanità distrutti dagli islamisti, pubblicato da IlSole24Ore – oltre alla “Città dei 333 Santi” – troviamo il Mausoleo di al-Baqi in Arabia Saudita (1926), il Buddha di Bamyan in Afghanistan (2001), la Moschea d’oro in Iraq (2006), tombe e santuari sufi in Somalia(2008).
Lo scorso luglio, nel suo discorso di apertura della 40° sessione del Comitato del Patrimonio mondiale, la segretaria generale dell’Unesco Irina Bokova lancia l’ennesimo allarme. “Il patrimonio mondiale è sotto attacco ovunque, dal Mali alla Siria. Si tratta di un crimine di guerra a cui dobbiamo rispondere con forza”, dichiara la Bokova ammettendo, seppur indirettamente, la fragilità delle politiche di protezione e tutela del nostro patrimonio adottate sinora dall’organizzazione e la necessità di un adeguamento della sua strategia ai contesti di crisi.
FONTE: Gli Occhi della Guerra