
La crisi economica che sta investendo l’Italia ormai da diversi anni, e che rischia di trascinarsi a lungo, muta l’atteggiamento degli immigrati verso il nostro paese. Per il momento si stanno avvertendo solo dei segnali, ma gli analisti segnalano che il fenomeno potrebbe presto assumere livelli più importanti, creando buchi nel mercato del lavoro per tutte quelle professioni che oggi non sono più prerogativa degli italiani, ma degli extracomunitari.
Ritorno in Africa per gli immigrati in Lombardia. «Stiamo completando l’analisi relativa al consuntivo 2011, ma la sensazione è di un ulteriore rafforzamento delle evidenze già emerse in precedenza», spiega a ItaliaOggi Sette Alessio Menonna, ricercatore di Ismu, fondazione che ha istituito l’Osservatorio regionale per l’integrazione e la multietnicità, uno studio condotto periodicamente sul territorio lombardo, la regione che più ha sperimentato in questi anni la tematica dell’immigrazione (il 23,7% del totale nazionale).
Il riferimento è ai dati fino a luglio 2011, quando 125 mila immigrati, pari al 10% del totale presente in regione, ha dichiarato l’intenzione di cambiare paese. «Alla fine delle scorso anno il dato è salito di qualche punto decimale», aggiunge l’esperto. La destinazione non è univoca: alcuni puntano a tornare in patria, altri invece guardano con interesse ad altri paesi europei. I meno «affezionati» all’Italia sono i senegalesi: il 16% manifesta la volontà di abbandonare la penisola.
«Il primato non è un fatto totalmente nuovo», commenta Menonna. «Tradizionalmente la comunità senegalese ha un forte attaccamento alla patria e la volontà, anche dopo diversi anni di permanenza nel nostro paese, di tornare a casa». Seguono gli egiziani (15%) e i marocchini (13%) per un podio interamente dominato da nazionalità africane. Con la particolarità, tra questi ultimi, della volontà prevalente di non tornare in patria, ma emigrare in un paese terzo.
«Probabilmente la lingua francese, che è la seconda più diffusa nel paese nordafricano dopo l’arabo, spinge molti cittadini marocchini a progettare la migrazione Oltralpe», aggiunge l’autore della ricerca.
Ai piedi dal podio, ma su valori comunque importanti, ci sono i romeni (il 12% di loro valuta il ritorno), seguiti dagli indiani e dagli ucraini (entrambi poco sopra il 10%). «Nel caso degli asiatici, la destinazione più suffragata è probabilmente la Gran Bretagna, per gli stessi motivi di vicinanza linguistica», aggiunge Menonna.
Non intendono trasferirsi invece filippini (5,5%), albanesi (5%) e, soprattutto, i cinesi (2%). Quest’ultimo dato per l’esperto smentisce un luogo comune: «Non è vero che i cinesi sono poco integrati nel nostro paese; sarebbe più corretto dire che lo sono a modo loro, con un forte legame alle comunità create nelle nostre città».
Tornando alla ricerca, il 21,7% di chi dice di volersene andare vive da solo o con amici e conoscenti, mentre solo il 3,5% di chi ha famiglia cambierebbe vita. Inoltre il 21,9% è pensionato, il 20,4% è in mobilità, mentre il 14,2% è lavoratore irregolare e il 10,1% è disoccupato. Solo lo 0,9% è titolare di un’impresa. Il 13,2% sono uomini e il 7,8% donne.
In Veneto resistono i capifamiglia. Una conferma di questa tendenza arriva dal Veneto, come dimostrano le parole di Valeria Benvenuti della Fondazione Leone Moressa di Venezia. «Se si mettono a confronto i dati delle anagrafi con quelli dell’ultimo censimento emerge chiaramente che quest’ultimo ha rilevato un numero inferiore per circa un milione di unità degli immigrati presenti in Italia», spiega.
«Anche considerando che qualcuno non ha compilato il formulario, è forte la sensazione di un numero crescente di ritorni in patria». In questo caso il sovrannumero delle anagrafi «sarebbe dovuto al mancato aggiornamento in tempi recenti delle stesse».
Secondo l’analisi della Fondazione «sono soprattutto i padri di famiglia a resistere in Italia, anche nei casi in cui perdono il lavoro e faticano a trovare un’altra occupazione perché sanno che da loro dipende il sostentamento dell’intero nucleo familiare. Tra gli altri, invece, cresce la voglia di tornare in patria».
Un fenomeno, quest’ultimo, in netta controtendenza con quanto emerso negli anni precedenti alla crisi, caratterizzati da un numero sempre crescente di ricongiunzioni familiari, fenomeno visto positivamente anche in ottica di maggiore integrazione nella società italiana.
Anche se questi sono i dati che emergono dalla due regioni più ricche, e quindi più attrattive per chi arriva dall’estero in circa di lavoro, occorrerebbero dati su tutto il territorio nazionale per comprendere se il fenomeno dei rimpatri è di portata nazionale.
Tuttavia non è facile arrivare a questa risultanza, considerate le differenti tempistiche di aggiornamento dei dati statistici e anche l’elevato numero di immigrati irregolari presenti nella Penisola. Sono infatti loro più di altri, magari proprio per le difficoltà legate alla regolarizzazione, a essere tentati dal ritorno.
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