Tutti pensiamo di aver fatto un affare dopo aver comprato un paio di jeans a 14 €. Eppure, Andrew Morgan con il suo film “The True Cost” svela il vero costo della fast-fashion: violenza, sfruttamento, inquinamento. Già, i nostri spiccioli finanziano tutto questo.

Il mondo dorato delle varie catene di abbigliamento a basso costo nascondono tutto questo; nonostante i vari tentativi di “greenwashing”, cioè le campagne delle grandi aziende di ritinteggiatura verde per apparire più ecologici.
Infatti, l’industria della moda è la seconda più inquinante al mondo, dopo quella petrolifera. Sembra un’esagerazione, eppure il film lo dimostra efficacemente, raccontando la storia della città di Kanpur. Si tratta di una città indiana adagiata sulle rive del Gange dove negli anni Ottanta sono sorte numerose concerie. Lì, le sostanze tossiche utilizzate nella produzione di cuoio e il fatto che l’acqua di reflusso delle industrie si mischi con il sistema fognario della città senza sufficiente depurazione hanno inquinato l’aria, l’acqua e i terreni circostanti in maniera abnorme. La produzione agricola locale è stata decimata perché è rimasto impossibile coltivare su quei terreni irrigati con l’acqua contaminata. Kanpur, una volta, era famosa per le rose, ma oggi le coltivazioni di fiori sono totalmente scomparse. In altrettanto modo, la salute è ormai un felice ricordo per la popolazione della città. Le aziende che lavorano le pelli usano il Cromo6, una sostanza fortemente tossica che negli esseri umani causa l’asma, la comparsa di chiazze sulla pelle, il cancro e la possibile insorgenza di malattie mentali infantili.
Non è un’esagerazione affermare che Kanpur è una città distrutta dalla moda.

Oltre al problema dell’inquinamento, la fast fashion si basa sullo sfruttamento intensivo dei lavoratori. Nella stragrande maggioranza dei casi, le aziende che lavorano i tessuti dei vestiti che troviamo sugli scaffali non sono le stesse che li vendono: le grandi multinazionali, infatti, esternalizzano l’attività di tessitura dove le condizioni di lavoro sono le stesse di quelle che si leggono nei racconti di Charles Dickens. Nel Bangladesh i lavoratori tessili sono pagati meno di 3$ al giorno; ad esempio. Il meccanismo con cui oggi agisce il capitalismo globalizzato sfrutta proprio la volatilità con cui i capitali possono spostarsi da una parte all’altra del globo. Quindi, i lavoratori sono minacciati di perdere il lavoro se lottano per maggiori equità. Allo stesso tempo, le aziende transnazionali usano questo trucco con le aziende appaltatrici alle quali intimano di ritirare l’ordine se il costo di produzione aumenta.
Che magra soddisfazione aver risparmiato qualche decina di Euro su un vestito se questi sono i risultati.

Fonte: Teste Libere

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