Se moltiplichiamo questo per le due dozzine e più luoghi e paesi dove la Casa Bianca crede di aver individuato i terroristi di “Al Qaeda”, cominciamo a capire perché il deficit federale statunitense è cresciuto astronomicamente fino a più di 1,6 trilioni di dollari nel corrente anno fiscale.
Durante la presidenza Obama, gli adeguamenti al costo della vita della Social Security sono stati congelati, provocando un calo netto di più dell’8 per cento, che è esattamente il totale speso per cercare solo cinque dozzine di “terroristi di Al Qaeda” nelle montagne che confinano col Pakistan.
È assurdo credere che il Pentagono e la Casa Bianca spendano dieci miliardi di dollaro l’anno per andare a caccia di una manciata di terroristi nascosti nelle montagne afghane. E allora a cosa serve la guerra in Afghanistan? Una delle risposte più lette e udite è che la guerra è in realtà contro i Talebani, un movimento di guerriglia islamista e nazionalista con decine di migliaia di attivisti. I Talebani, comunque, non hanno mai realizzato un atto terroristico contro il territorio degli Stati Uniti o nelle sue sedi oltre oceano. I Talebani hanno sempre asserito che la loro lotta era per l’espulsione delle forze straniere che occupano l’Afghanistan. Di conseguenza, i Talebani non fanno parte di una qualsiasi “rete internazionale di terroristi”. Se la guerra USA in Afghanistan non è per sconfiggere il terrorismo, allora perché tutta questo incredibile impiego di fondi e forza lavoro per più di un decennio?
Mi vengono in mente alcune ipotesi.
La prima è la geopolitica dell’Afghanistan: gli Stati Uniti stanno attivamente realizzando basi militari avanzate, per circondare e limitare la Cina.
In secondo luogo, le basi USA in Afghanistan servono come postazioni di lancio per fomentare i conflitti etnici armati dei “dissidenti separatisti” e per applicare le tattiche del “divide et impera” contro Iran, Cina, Russia e le repubbliche dell’Asia Centrale.
In terzo luogo, il lancio di Washington della guerra afghana (2001) e la facile conquista iniziale incoraggiarono il Pentagono a credere che una vittoria militare, semplice e a basso costo, fosse a portata di mano, una vittoria che avrebbe rafforzato l’immagine degli Stati Uniti come potenza invincibile, capace di imporre le sue regole ovunque nel mondo, in modo differente dalla disastrosa esperienza dell’URSS.
Quarto, l’iniziale successo nella guerra afgana fu visto come un preludio all’avvio di una sequenza di guerre di successo, prima contro l’Iraq per essere seguita poi all’Iran, alla Siria e oltre. Sarebbero servite al triplice proposito di rafforzare il potere regionale di Israele, di controllare le risorse petrolifere strategiche e per allargare l’arco delle basi militari USA dal Sud e dal Centro Asia, attraverso il Golfo Persico fino al Mediterraneo.
Le politiche strategiche, formulate dai militaristi e dai sionisti nelle amministrazioni Bush e Obama, hanno creduto che i fucili, i soldi, la forza e la corruzione potessero costruire stabili paesi satelliti all’interno dell’orbita dell’impero post-sovietico statunitense. L’Afghanistan fu visto come una facile conquista e il passo iniziale alle guerre conseguenti. Ogni vittoria, avrebbe indebolito le opposizioni interne e quelle alleate (in Europa). I costi iniziali della guerra imperiale, come chiamata dai Neo-Con, sarebbe stata ripagata dal capitale ottenuto dai paesi occupati, specialmente nelle regione produttrici di petrolio.
La rapida sconfitta USA del governo talebano dette conferma al credo degli strateghi militari che gli “arretrati”, scarsamente armati popoli islamici non potevano niente contro la superpotenza americana e i suoi leader astuti.
Presupposti sbagliati, strategie errate: il disastro da un trilione di dollari
Ogni presupposto formulato da questi strateghi civili e dalle controparti militari si è dimostrato sbagliato. Al Qaeda era ed è un avversario marginale; la vera forza che è capace di sostenere una guerra popolare prolungata contro una potenza occupante, infliggendo pesanti perdite, mettendo in pericolo qualsiasi regime fantoccio e accumulando sostegno di massa è quella dei movimenti di resistenza nazionalisti collegati ai Talebani.
I think-tank statunitensi influenzati da Israele, gli esperti e i consiglieri che hanno descritto l’avversario islamico come inetto, inefficace e codardo, hanno mal valutato la resistenza afghana. Accecati da un’antipatia ideologica, questi consiglieri di alto livello e i gestori degli uffici civili della Casa Bianca e del Pentagono hanno fallito nel riconoscere l’acume tattico e strategico, militare e politico dei leader nazionalisti e islamisti di medio e alto livello e della loro potente riserve di supporto popolare nel vicino Pakistan e in altri paesi.
La Casa Bianca di Obama, tanto dipendente dagli esperti islamofobi pro-Israele hanno isolato ancora di più le truppe USA e hanno ancora di più allontanato la popolazione afghana triplicando il numero dei soldati, dando ancora più credibilità ai Talebani come autentica alternativa all’occupazione straniera.
Per quanto riguarda le pie illusioni dei neo-conservatori sui conflitti sequenziali e vittoriosi – cotte a puntino dai vari Paul Wolfowitz, Feith, Abrams, Libby e altri con l’intenzione di eliminare gli avversari di Israele e di trasformare il Golfo Persico in un lago ebraico -, le guerre prolungate in Iraq, Afghanistan e Pakistan hanno invece rafforzato l’influenza regionale dell’Iran, messo l’intera popolazione pakistana contro gli Stati Uniti e dato forza ai movimenti di massa contro i referenti degli USA in tutto il Medio Oriente.
Le sconfitte imperiali consequenziali hanno provocato una forte emorragia delle finanze USA, invece della promessa alluvione di capitali petroliferi provenienti dai paesi affluenti. Secondo un recente studio di ricerca, i costi militari della guerre in Iraq, Afghanistan e Pakistan hanno superato i 3,2 triliardi di dollari (“The Costs of War Since 2001”, Eisenhower Study Group, giugno 2011) e stanno crescendo di circa dieci miliardi al mese. Nel frattempo i Talebani “hanno aumentato la presa psicologica” sull’Afghanistan (FT 30 giugno 2011, p. 8). In base agli ultimi resoconti, anche il più controllato hotel a 5 stelle nel centro di Kabul, l’Intercontinental, era vulnerabile a un attacco sostenuto ed è stato sequestrato dai militanti, perché si erano infiltrate “forze di sicurezza afghane” e i Talebani operano ovunque, avendo stabilito governi “ombra” in gran parte delle città, delle cittadine e dei villaggi (FT 30 giugno 2011, p. 8).
L’impero fatiscente ha svuotato le casse del Tesoro. Mentre il Congresso e la Casa Bianca si combattono sul tetto del debito, il costo della guerra erode in modo aggressivo ogni possibilità di mantenere standard accettabili per la classe media e quella lavoratrice e innalza le disuguaglianza tra l’1% al top e il resto del popolo americano. Le guerre imperiali erano basate sul saccheggio del Tesoro USA. Lo stato Imperiale ha, tramite straordinarie esenzioni per le imposte, concentrato la ricchezza nelle mani dei super-ricchi mentre la classe media e quella lavoratrice sono state fatte arretrate, visto che sono disponibili solo posti di lavoro mal pagati.
Nel 1974, l’1% di più ricco percepiva l’8% del totale dei redditi nazionali, ma alla fine del 2008 ne guadagnavano il 18%. E gran parte di questo 18% è concentrato nelle mani di un piccolissimo 1% dell’1%, ossia uno 0,01% della popolazione statunitense, (FT 28 giugno 2011, p. 4 e 30 giugno 2011, p. 6). Mentre i super-ricchi sbancavano il tesoro e intensificavano lo sfruttamento del lavoro, il numero dei lavoro per la classe media è affondato: dal 1993 al 2006, più del 7% dei lavori con stipendi medi è scomparso (FT 30 giugno 2011, p. 4). Anche se le disuguaglianza stanno aumentando in tutto il mondo, gli USA hanno adesso le più grosse disuguaglianze tra tutti i paesi capitalisti più avanzati.
Il peso di dover sostenere un impero in declino, con la mostruosa crescita della spesa militare, è caduto in modo sproporzionato sui contribuenti della classe media e di quella lavoratrice e sui dipendenti a reddito fisso. Il saccheggio dell’economia e delle casse del Tesoro da parte delle élite militari e finanziarie ha messo in moto un rapido declino dei livelli di vita, degli stipendi e delle opportunità lavorative. Tra il 1970 e il 2009, mentre il PIL è più che raddoppiato, la paga media negli USA è rimasta stagnante in termini reali (FT 28 giugno 2011, p. 4). Se aggiungiamo anche i costi fissi per le pensioni, per l’educazione e la sanità, gli stipendi reali per i lavoratori salariati, specialmente negli anni ‘90, sono calati drasticamente.
Ancora peggiori eventi sono attesi per la seconda metà del 2011: mentre la Casa Bianca espande i suoi interventi imperialisti in Pakistan, Libia e Yemen, aumentando la spesa militare e quella dello stato di polizia, Obama deve riuscire a raggiungere un accordo sul bilancio con i Repubblicani di estrema destra, che vogliono attaccare i programmi sanitari del governo, come MEDICARE e MEDICAID, così come la Social Security, la struttura nazionale delle pensioni. Le guerre prolungate hanno spinto il budget al punto di rottura, mentre il deficit impedisce qualsiasi possibilità di rianimare l’economia mentre si avvia verso una “recessione ripetuta”.
L’intero establishment politico si dimentica in modo bizzarro del fatto che l’inseguimento da svariate centinaia di miliardi di dollari di circa 50-75 fantomatici terroristi di Al Qaeda in Afghanistan ha accelerato la scomparsa dei lavori di medio reddito negli Stati Uniti.
L’intero spettro politico pende decisamente verso destra e verso la destra estrema. Il dibattito tra Democratici e Repubblicani è se tagliare quattro o più triliardi dai resti dei programmi di assistenza del paese.
I Democratici e quelli di estrema destra sono uniti nel portare avanti guerre multiple mentre cercano di ingraziarsi favori e finanziamenti dallo 0,01% super-ricco, dai magnati della finanza e dell’immobiliare le cui ricchezza sono cresciute esponenzialmente durante la crisi!Conclusione
Ma c’è un silenzioso e profondo disappunto nella cerchia che conta del regime di Obama: i “migliori e più brillanti” tra i suoi funzionari stanno tagliando la corda, abbandonando la nave prima che affondi: i Guru degli Economisti, Larry Summers, Rahm Emmanuel, Stuart Levey, Peter Orzag, Bob Gates, Tim Geithner e altri, responsabili delle guerre disastrose, delle catastrofi economiche, della concentrazione della ricchezza e dell’assalto ai nostri standard di vita si sono tolti di mezzo o hanno annunciato il loro “pensionamento”, lasciando che siano i sorridenti truffatori– il Presidente Obama e il Vicepresidente “Joe” Biden – e i loro “ultimi e ignari lealisti” a prendersi la colpa quando l’economia affonderà e i programmi assistenziali verranno cancellati. Come si possono spiegare altrimenti le loro men che coraggiose dipartite (per “trascorrere più tempo con la famiglia”) di fronte all’incancrenirsi della crisi?