L’ex ministro, che ha dato le dimissioni il giorno dopo il referendum sulle richieste dei creditori, si difende spiegando al Financial Timesche la troika ha imposto “una limitazione terribile della sovranità nazionale” e il suo piano sarebbe servito per arrivare a una “cancellazione multilaterale del debito“. Intanto un altro esponente dell’ala sinistra di Syriza, Panagiotis Lafazanis, destituito dalla carica di minsitro dell’Energia dopo il drammatico voto sul pacchetto di riforme imposto dai creditori, ha illustrato un altro piano radicale che non mancherà di scatenare ulteriori tensioni nel partito del premier: il progetto prevede lanazionalizzazione delle banche, la ridistribuzione della ricchezza attraverso un nuovo sistema fiscale, l’eliminazione della maggior parte del debito, la creazione di una nuova moneta nazionale e l’uscita dalla zona euro. “Il dibattito per il ritorno ad una moneta nazionale dovrebbe proprio partire all’interno di Syriza”, ha sostenuto Lafazanis.
E’ in questo quadro caotico che sono partiti i negoziati con la troika e il rappresentante del fondo salva Stati per il varo del terzo piano di salvataggio da 82-86 miliardi previsto dall’accordo del 12 luglio. Ieri era emerso che i rappresentanti di Bce, Fondo monetario e Commissione Ue spingono perché Tsipras faccia approvare in Parlamento anche le misure sulle pensioni, finora rimandate. In queste ore invece, secondo il quotidiano Kathimerini, i colloqui si concentrano sulla necessità di scongiurare un prelievo sui depositi superiori ai 100mila euro, consentito dalla nuova direttiva europea sui salvataggi bancari appena recepita da Atene. I dirigenti degli istituti di credito, che hanno visto i depositi calare di altri 7,7 miliardi a giugno, stanno infatti discutendo con l’Eurotower i dettagli della necessaria ricapitalizzazione.
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