Annamaria Baldassi
Direzione sviluppo dell’agricoltura
Settore Territoriale Agricoltura di Vercelli

Coltivato nelle valli alpine del nord Italia il grano saraceno è andato incontro ad una drastica riduzione di superficie nel periodo seguente all’ultimo conflitto mondiale. Le principali cause del fenomeno risiedono nel mutamento delle abitudini alimentari delle popolazioni, nella scarsa risposta della coltura alle pratiche agronomiche e nella mancanza di varietà selezionate.
Esiste tuttavia una lunga tradizione di impiego della pianta, componente principale di molti piatti della cucina tipica di alcune zone montane che attualmente sta uscendo dai propri confini. Un ulteriore ampliamento della domanda potrebbe essere favorito da una adeguata informazione alimentare (il grano saraceno è superiore a tutti i cereali come fonte di proteine ad alto valore biologico) e dalla facilità con cui si inserirebbe a pieno titolo nel circuito di commercializzazione dei prodotti biologici.
La maggior parte del grano saraceno lavorato in Italia viene attualmente importato dalla Cina; l’esperienza avviata dal Settore Agricoltura di Vercelli nell’anno 1997 si pone come obiettivo quello di valutare l’ipotesi di una reintroduzione della coltura attraverso:

messa a punto di una tecnica colturale moderna,
valutazione del livello produttivo delle nuove cultivar,
valutazione qualitativa del prodotto ottenuto.

TECNICA COLTURALE
Il grano saraceno è una dicotiledone appartenente alla famiglia delle Chenopodiacee, genere Fagopyrum, che presenta analogie strette con i cereali per le modalità di coltivazione, tipo di prodotto e destinazione alimentare. Le varietà commercialmente disponibili appartengono alla specie Fagopyrum esculentum (ex Polygonum sagittatum).
E’ una coltura adatta ad ambienti freschi (collina e zone pedemontane) poichè siccità ed alte temperature possono provocare aborto fiorale; nelle zone caratterizzate da estati asciutte è necessario prevedere irrigazioni di soccorso. Preferisce terreni poveri ed alletta fortemente sui terreni fertili, ma è una delle piante più tolleranti all’acidità.
In considerazione della brevità del ciclo vegetativo (60 – 100 giorni, in relazione alla varietà) è un’ottima coltura intercalare, può seguire coltivazioni raccolte prima della metà di luglio e permette, a raccolto avvenuto, di seminare il cereale vernino.
Nelle zone dove non esiste la possibilità o l’interesse ad effettuare una doppia coltura si potrebbe effettuare la semina in maggio puntando su varietà a ciclo più lungo (fino a 120 gg), verosimilmente più produttive.
La profondità di semina varia dai 3 ai 5 cm; si può usare una seminatrice da frumento a file distribuendo 80/100 kg/ha di seme. Il grano saraceno è un ottimo utilizzatore della fertilità residua del terreno (una produzione di 20 q.li/ha di granella asporta 40 kg di azoto, 20 kg di anidride fosforica e 30 kg di ossido di potassio), eccessi di azoto accentuano la tendenza all’allettamento.
In virtù della velocità di germinazione e di sviluppo iniziale la coltura non richiede normalmente interventi diserbanti.
La fioritura, e di conseguenza la maturazione, sono scalari: allorchè è maturato il maggior numero di semi e le piante hanno perso la maggior parte delle foglie si può effettuare il raccolto utilizzando una mietitrebbia con testata da frumento.

LA PROVA NEL BIELLESE: MATERIALI E METODI
La prova si è svolta a Occhieppo Inferiore, Comune del Biellese pedemontano (416 m. s.l.m.), presso l’azienda agricola Marco Maffeo, all’iniziativa ha collaborato la Comunità Montana Bassa Valle Elvo, tecnico Dott. Michele Colombo.
Il seme utilizzato per la sperimentazione è stato acquistato dalla Ditta BIASION – via Goethe – str.7 – Bolzano in numero 2 varietà AJDA, di origine slovena e LILEJA, tedesca.
La semina è stata effettuata il giorno 18/6 con seminatrice da frumento, su terreno ben erpicato, dose di seme 90 Kg/ha, profondità di semina 4-5 cm, distanza tra le file cm 15, successiva rullatura.
La scheda agronomica del campo, composto di due parcelloni, uno per varietà, di 1500 mq di superficie, è riportata in tabella 1. Come si può rilevare non ci si è avvalsi nè di apporti di concime nè di interventi di diserbo chimico.

Tabella 1 – Scheda agronomica

RISULTATI
Andamento climatico e sviluppo della coltura
Le temperature elevate e la siccità che avevano caratterizzato il periodo primaverile, hanno lasciato il posto, con i primi giorni di giugno, a frequenti perturbazioni. L’umidità del terreno favorisce una rapida germinazione dei semi che, seminati il giorno 18/6, dopo la rottura del prato, in data 23/6 (var. LILEJA) e 25/6 (var. AJDA) sono già in fase di emergenza.
L’emergenza è uniforme e la crescita risulta inizialmente favorita dal clima fresco e umido, il 15/7 la var. LILEJA è in fase di inizio fioritura, AJDA segna un ritardo di circa una settimana, ritardo che manterrà fino a maturazione.

Dalla metà di luglio si ristabiliscono tempo stabile e temperature decisamente estive, la coltura denuncia condizioni di stress idrico, ma la fioritura continua prolungata e regolare fino a tutta la metà di settembre. Dai primi giorni di settembre inizia la maturazione degli acheni.
Verso fine mese, osservato che il racemo presenta facilità di sgranatura, viene effettuata la raccolta. In data 26/9 si entra in campo con una mietitrebbia con testata da frumento: la coltura non presenta allettamento alcuno e la raccolta risulta comoda e veloce con perdite di prodotto modeste.

Tabella 2 – Caratteristiche agronomiche e produttive

Produzione
Le caratteristiche agronomiche e produttive delle due varietà inserite nella prova sono riportate in tabella 2. Come si può rilevare i risultati sono stati incoraggianti, in particolare modo per la cv. LILEJA, più precoce e più produttiva.
La granella è stata successivamente lasciata essiccare al sole nell’aia e, raggiunta un’umidità del 15%, è stata avviata al molino per la macinazione.

Utilizzazione
La farina di grano saraceno trova impiego nell’alimentazione umana, normalmente in miscela con mais o frumento, per la preparazione della polenta taragna, pizzoccheri e dolciumi vari. Iniziano attualmente a diffondersi altri prodotti come il grano saraceno decorticato da usare come l’orzo perlato per le minestre e i fiocchi ottenuti dallo schiacciamento degli acheni.
La granella essiccata, consegnata al mulino, è stata sottoposta inizialmente ad una pulitura in più passaggi (prepulitura ad aria, calibrazione, 2a pulitura ad aria, rottura grossolana con macina alta ed ultima pulitura ad aria). Successivamente la rottura è stata avviata alla macina a pietra (macina rigata da grano) per ottenere la farina. In tabella 3 è riportata la composizione percentuale della farina ottenuta.
La resa è alta, pari al 76%, da 100 kg di grano saraceno pulito si ottengono:

76 kg di farina
12 kg di crusche e sfarinati


Notevoli sono le caratteristiche nutrizionali.
Il contenuto in proteine è decisamente elevato, 14,1% contro 9,2% del frumento tenero e 8,5% della farina di mais (dati ANTIM – Associazione Nazionale Tecnici dell’Industria Molitoria); le proteine hanno il più alto valore biologico del regno vegetale (Borghi, Bonali, 1993), in particolare la lisina, aminoacido essenziale è rappresentata in quantità superiori a quelle dell’uovo. Infine la farina di grano saraceno è ricca di fibra e di sali minerali.

Tabella 3 – Composizione percentuale della farina di grano saraceno

CONCLUSIONI
La prova effettuata nel Biellese consente le seguenti considerazioni:

a) la tecnica colturale adottabile nella coltivazione del grano saraceno è semplice ed è sufficiente la disponibilità in azienda dei mezzi utilizzati per i cereali vernini;
b) la coltura occupa il terreno per un breve periodo e si presta ottimamente come coltura intercalare dopo prato, erbaio o cereale vernino;
c) le potenzialità produttive della coltura sono legate principalmente alle condizioni climatiche e alla scelta della cultivar, apporti fertilizzanti possono risultare addirittura negativi introducendo grossi rischi di allettamento;
d) la velocità di germinazione e di copertura del terreno permette di evitare interventi diserbanti, eventuali impurità nel prodotto raccolto verranno eliminate attraverso una prepulitura;
e) in considerazione dell’estrema rusticità della pianta e della normale possibilità di produrre in assenza di mezzi tecnici di natura chimica, il grano saraceno può inserirsi a pieno titolo nel circuito di commercializzazione dei prodotti biologici;
f) il grano saraceno produce abbondante nettare, è una delle specie preferite dalle api e la produzione di miele è notevolmente incrementata dalla presenza della coltura (Borghi, Bonali 1993);
g) la farina che si ottiene dalla molitura degli acheni presenta il più alto valore biologico rispetto a qualsiasi altro prodotto di natura vegetale e particolarmente abbondante è il contenuto in fibra grezza.


A questo ampio ventaglio di opportunità offerte dall’introduzione della coltura in alcuni ambienti particolarmente idonei è necessario aggiungere una difficoltà cui il produttore intraprendente può andare incontro. Localmente non esiste una tradizione molitoria del grano saraceno ed è pertanto fondamentale individuare dei trasformatori (molini, anche di dimensioni artigianali considerata la relativa facilità nell’ottenimento della farina); questi molini potrebbero successivamente prendere contatti con pastifici o biscottifici locali per la trasformazione finale. La riscoperta da parte del consumatore dei prodotti tipici e tradizionali della cucina regionale nonchè un gusto acquisito nella ricerca di prodotti più naturali potrebbe fare il resto.

Fonte: regione.piemonte.it

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