Da Reset Italia (di Cristian Curella)
Dall’inizio del XX secolo l’idea di un direttorio su scala planetaria ha preso piede in modo sempre più consistente. Ma i richiami alla Società delle Nazioni, prima, e all’Onu, successivamente, riflettono non solamente le sigle e le denominazioni più semplicistiche ma limiterebbero lo sguardo d’insieme ad esemplificazioni troppo riduttive.
Così per esempio la disciplina del commercio internazionale è regolato dall’Omc ( Organizzazione Mondiale del Commercio ). Al medesimo modo avviene per la regolamentazione su scala mondiale della sanità ( Oms ), per i fondali marini o la cooperazione in materia di polizia criminale ( Interpol ).
Si deve, poi, porre attenzione alle articolazioni che garantiscono una migliore e più massiccia penetrazione in zone del mondo o in regioni ben determinate: così avviene su scala europea per il Consiglio d’Europa, l’Epo, l’organizzazione europea dei brevetti o, ancora, per la inter – disciplina europea ed asiatica, la Comunità Economica Eurasica, il Csi ( Comunità degli Stati Indipendenti ) etc.
Appare immediatamente evidente come oggi non solo ogni settore economico ma anche ogni singolo aspetto della vita individuale sia disciplinato da organismi che garantiscono una disciplina su scala planetaria, regionale o inter – statale.
La globalizzazione, prima che fenomeno economico di espansione delle imprese su scala planetaria, è, soprattutto, organizzazione internazionale istituzionale.
Altre organizzazioni svolgono funzioni peculiari e simili nelle Americhe, in Africa, nella stessa Asia ed altre ancora si occupano di settori specifici come quello finanziario e bancario ( Fmi, Bce ), della disciplina, la sicurezza e la cooperazione degli oceani, del settore sportivo etc.
Appare interessante verificare la composizione strutturale delle organizzazioni internazionali. Essa non è omogenea ma differisce profondamente a seconda dell’ente preso in considerazione.
Quartieri regionali che coordinano strutture e filiali locali, organismi privati e soggetti pubblici che compartecipano alla gestione di una determinata struttura, comitati intergovernativi che insieme ad altri soggetti, privati, pubblici, istituzionali o inter – statali si occupano, come solo appena sopra accennato, di tutte le fasi della vita pubblica, privata, individuale e sociale della comunità mondo.
Passando, poi, agli accordi internazionali si consideri la funzione esercitata dal Gat, l’accordo generale sul commercio di servizi siglato nel 1994 in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio e che, insieme ad un pacchetto di altri accordi, regolamenta i flussi commerciali a livello mondiale e stabilisce al contempo una serie di misure per dirimere le controversie del settore.
Lo scopo del documento, appare evidente, è la limitazione dei governi nazionali in una determinata materia o settore a vantaggio di una super – disciplina che contenga regole omogenee e ovunque applicabili.
Ed, ancora, un continuo processo di liberalizzazione dei servizi.
Ne consegue che la privatizzazione porta allo spostamento dagli Stati e da strutture pubbliche nazionali di vaste competenze a favore di soggetti privati, compagnie, multinazionali, società etc.
Il contenuto di un accordo, che per la portata potremmo definire super – statale globale, copre un numero svariato e imprecisato di settori, quali istruzione, ambiente, finanza, turismo, trasporti ed altro ancora.
I servizi coprono nel mondo i due terzi delle attività economiche e provengono in massima parte da società multinazionali.
Appare fin troppo evidente la possibilità che gli interessi di queste e le commistioni con il mondo politico e industriale favoriscano la nascita ed il proliferare di accordi simili solo che si pensi come l’ampia piattaforma dei servizi conosca ( o conosceva ) a livello nazionali numerose clausole legali, anche di tipo limitante. E nel mondo il maggiore paese esportatore di servizi sono ancora gli Stati Uniti.
All’interno di questo nuovo sistema, molte scelte che coinvolgono la vita quotidiana delle persone vengono progressivamente sottratte alle facoltà dei governi locali e nazionali per essere trasferite a un gruppo di non eletti, che siedono nel chiuso delle stanze.
L’erosione della responsabilità democratica, e della sovranità locale e nazionale che ne è l’espressione, è ormai in atto da diversi decenni. La globalizzazione del commercio e della finanza è disegnata dalle multinazionali, che, in assenza di regole universalmente valide, manovrano semplicemente a partire dalle proprie esigenze. L’istituzione del Wto è un passo fondamentale per la formalizzazione e il rafforzamento di un sistema creato espressamente in funzione di questo.
Se i governi, le leggi e i regolamenti rappresentano un elemento disturbante alla progressiva azione del livellamento globale accordi come il Wto e molti altri simili creano quel “pensiero unico dominante” su scala mondiale destinato ad ergersi come modello commerciale standardizzante.
la Partnership su commercio e investimenti, detta TTIP, il più vasto e complesso accordo commerciale mai tentato.
Secondo chi lo sostiene, l’eliminazione o la riduzione di norme e controlli considerati come ostacoli al libero commercio, frutterebbero un aumento fino allo 0,5-1% del PIL. Queste, però, sono le stime al 2027 alle quali andrebbero poi aggiunti gli eventuali costi dell’allentamento di norme in materia di salute o ambiente.
Ed è la clausola Isds (investor-to-state dispute settlement ) a destare nei cittadini ( e non solo ) forti perplessità nel senso che consente alle società che ritengano che un dato tipo di legislazione nazionale si di ostacolo alla liberalizzazione dei servizi di citare il paese in questioni davanti ad appositi organismi arbitrali internazionali.
I comitati “stop Ttip” sono mumerosi come si legge dal sito stop – ttip – italia e dove si viene informati anche di mobilitazioni civili che avvengono in altre parti del mondo come quella organizzata da 140 associazioni civili in Canada per protestare sul contenuto dell’accordo di partenariato commerciale e libero scambio tra l’Ue ed il Canada.
La Lone Pine Resources, colosso californiano dell’energia, ha chiesto al Canada un risarcimento di 250 milioni di dollari per aver imposto una moratoria sul fracking, compromettendo i suoi profitti. La Philip Morris pretende dall’Australia un indennizzo miliardario a seguito della legge antifumo ed altri casi clamorosi potrebbero essere ancora citati o rinvenuti sulla rete da parte degli utenti.
Grazie alle storiche conquiste democratiche che hanno portato alle legislazioni nazionali sulla regolamentazioni delle merci e del sistema delle barriere doganali molti prodotti o ogm sono stati interdetti come i , polli lavati col cloro, i bovini allevati con ormoni della crescita e sostanze chimiche nocive come la Ractopamina. Secondo un documento del settembre 2013, i negoziatori vorrebbero limitare gli incentivi alle rinnovabili e la possibilità dei governi di calmierare le tariffe di gas ed energia elettrica.
E’ dello scorso 14 settembre la notizia che la Commissione Europea ha rifiutato la proposta per realizzare una iniziativa europea dei cittadini contro gli accordi commerciali tra UE-Stati Uniti e UE-Canada .
Questa decisione impedisce alla cittadinanza di raccogliere un milione di firme per obbligare la Commissione Europea a rivedere la sua politica commerciale ed a permettere che si realizzi una sessione pubblica nel Parlamento Europeo circa tale materia.
Con un accordo dalla portata così eclatante anche i marchi italiani di tutela come il Dop ed il Doc potrebbero essere messi in discussione dalla spinta liberalizzatrice voluta dai vertici Ue ed Usa.
Si calcola che il giro d’affari per i due “blocchi” in virtù dell’applicazione delle norme Ttip porterebbe ad una crescita di 90 mld di euro per gli Usa e 120 mld di euro per l’Ue ma le stime, anche se veritiere, tradiscono la portata delle norme abroganti il sistema di tutele che, come in Italia, garantiscono la tutela delle eccellenze e della sicurezza.
“Sui negoziati commerciali è necessario muoversi con un certo grado di confidenzialità per operare con successo”,dicono alla Commissione europea.
Gli Stati Uniti sono intenzionati ad aumentare le esportazioni di grano e soia e l’Europa di prodotti lavorati come l’olio di oliva e vini o birra di alta qualità. Le barriere esistenti, si dice, graverebbero sotto forma di imposte per quasi un 25 %.
Viene da chiedersi se una revisione dei principi portanti non sarebbe opportuna nel senso, da un lato, di favorire le esportazioni e le importazioni gravate, in alcuni casi, da limiti non facilitanti gli scambi e l’espansione commerciali ma, dall’altro, di continuare a tutelare, se non a rafforzare, la presenza di prodotti di qualità altamente certificati che, proprio grazie a queste attestazioni, ricevono un più alto valore in termini di sicurezza e qualità. Anche ciò rende un paese, quale per esempio l’Italia, leader nell’esportazioni di prodotti universalmente riconosciuti inimitabili.
Cristian Curella