Per ora la natura si è difesa in sede europea, dove il 14 giugno si è votato per cancellare il divieto in vigore sull’impiego di pesticidi all’interno delle cosiddette Ecological focus area (Efa), ossia le “aree di interesse ecologico”.
Al Parlamento Europeo non si è raggiunto il quorum necessario, per cui gli agricoltori che vorranno accedere ai cosiddetti “pagamenti ecologici”, ossia i greening (che rappresentano il 30% del bilancio della Politica agricola comune), non potranno usare i fitofarmaci all’interno di queste zone.
Le Efa sono state istituite nel 2013 per salvaguardare e migliorare la biodiversità delle aziende agricole. Un requisito che riguarda solo i terreni a seminativo in aziende con superficie agricola superiore a 15 ettari. In Italia la dimensione media delle aziende è di appena 8 ettari e quindi solo il 5% delle aziende dovrà dotarsi delle Efa, il 26% delle superfici a seminativo.
Maria Grazia Mammuccini, portavoce della coalizione Stop Glifosato che raccoglie nella battaglia contro l’erbicida più diffuso al mondo 45 associazioni ambientaliste (tra cui Slow Food Italia), lo definisce un esito in chiaroscuro, perché «abbiamo portato a casa il risultato di sottrarre una parte della superficie agricola alla diffusione incontrollata di veleni nei campi. Ma il voto di oggi ha anche rappresentato un segnale di disinteresse per la salute dei cittadini e la tutela dell’ambiente da parte del Parlamento Europeo, che, pur non raggiungendo il quorum necessario per cancellare una norma della Commissione, ha votato a maggioranza per l’eliminazione del divieto ai pesticidi».
In attesa che il Parlamento europeo si pronunci – entro il 31 dicembre – sul rinnovo dell’autorizzazione a usare il glifosato per altri 15 anni, sul panorama scientifico continuano ad apparire studi dietro cui si nascondono i forti interessi della Monsanto, il maggior produttore di glifosato. Recentemente, infatti, in un rapporto elaborato dal centro di ricerca Oxford Economics, si sostiene che se la Gran Bretagna dovesse vietare l’utilizzo del glifosato, la produzione agricola inglese subirebbe una perdita di un miliardo di sterline e una contrazione del 20% della produzione di frumento.
Lo studio in questione è realizzato grazie a The Andersons Centre, una società di consulenza agricola che ha lavorato anche per la Bayer, il colosso farmaceutico con cui la Monsanto si è fuso di recente.
Non pago del conflitto d’interessi, il rapporto minaccia i consumatori colpendoli alle tasche: vietare il glifosato farebbe aumentare i prezzi dei prodotti agricoli, in particolare se la Gran Bretagna dovesse abbandonare l’uso dell’erbicida e il resto dell’Europa potesse continuare a usarlo, offrendo così merce più economica sul mercato.
E pensare che pochi mesi prima, una ricerca francese, pubblicata sul ben più prestigioso Nature, ha dimostrato esattamente il contrario. La ricerca, curata da cinque ricercatori dell’Inra (Institut national de la recherche agronomique), ha analizzato quasi mille aziende agricole sparse in tutta la Francia. Per ogni azienda, i ricercatori hanno calcolato l’effetto di un basso utilizzo di pesticidi su produttività e redditività. Le conclusioni sono che nel 38,8% dei casi diminuire i pesticidi fa aumentare la produttività, mentre in oltre la metà dei casi (55%) chi usa meno fitofarmaci ottiene gli stessi raccolti di quando ne utilizzava di più e solo nel 6,2% dei casi i ricercatori hanno riscontrato raccolti più scarsi.
Dato che però sotto la parola “pesticidi” rientrano molti fitofarmaci con composizione ed effetti differenti, i ricercatori hanno approfondito lo studio suddividendo i fitofarmaci in tre categorie: fungicidi, erbicidi e insetticidi. Per quanto riguarda gli erbicidi, solo il 6,4% del campione è riuscito a usarne di meno aumentando la produzione e nel 28,8% i raccolti sono stati più scarsi. Questo dato, di primo acchito, parrebbe dare ragione alla ricerca inglese. Ma se la matematica non è un’opinione, significa che nel 65% dei casi la produttività è rimasta invariata.
I dati più eclatanti si hanno sulla redditività: il 66,6% delle aziende che hanno smesso di usare fitofarmaci non subisce alcun cambiamento. Nel 22,3% dei casi gli introiti diminuiscono e nell’11,1% aumentano.
Le ricerche dimostrano che un’agricoltura con meno chimica è possibile. Per questo è importante sostenere l’iniziativa dei cittadini europei (Ice) che sta per raggiungere il traguardo del milione di firme necessarie in tutto il continente mentre in Italia si è prossimi al quorum necessario. Ultimo sforzo: le firme si raccolgono su StopGlifosato.it
Maurizio Bongioanni
m.bongioanni@slowfood.it