Foto ilpalo.com
Giovanni Sartori, sul Corriere Della Sera di lunedì scorso, non ha risparmiato critiche all’Unione Europea[1]. Secondo il noto politologo, l’Europa è un animale assurdo, senza difese. Non basta, sostiene Sartori, una moneta unica, che indubbiamente impedisce l’inflazione ma al tempo stesso facilita la speculazione della finanza internazionale, perché l’Unione Europea possa essere un autentico “soggetto politico”. Né può essere un rimedio efficace la creazione di uno Stato federale, perché «uno Stato federale richiede una lingua comune […] tutti gli Stati federali esistenti sono costituiti da componenti che si capiscono e parlano tra loro». E in Europa non vi è nulla di simile.
Stato&Potenza 
 
Inoltre, l’Europa non ha alcuna capacità di difendersi da attacchi esterni. Mentre gli Stati Uniti non hanno esitato a proteggere con misure protezionistiche la loro industria dell’acciaio, e l’Inghilterra, che mantiene solo un piede dentro l’Unione Europea, non solo è libera di imporre dazi per proteggere la propria economia, ma è pure libera, come gli Stati Uniti, di stampare moneta, l’Europa dell’euro è inerme, votata al suicidio, come mostra il recente caso dell’alluminio del Sulcis.
Anziché comportarsi in modo flessibile per difendere l’occupazione, l’autorità europea della concorrenza ha lasciato che l’Alcoa se ne andasse per la semplice ragione che l’energia elettrica italiana è troppo cara. Né si può contare sugli economisti, giacché negli ultimi decenni, osserva Sartori, si sono occupati quasi esclusivamente di economia finanziaria, ignorando i problemi dell’economia reale.
Che fare allora? Sartori ritiene interessante la proposta di Luciano Gallino, studioso certamente serio e capace, che, per combattere la disoccupazione (in particolare quella gravissima che affligge le nuove generazioni) e per rilanciare l’economia reale, propone la cosiddetta job guarantee, in base a cui è soprattutto lo Stato che deve impegnarsi per creare lavoro. Osserva però Sartori che, anche se tutto può servire, il rimedio di Gallino sarebbe soltanto una goccia in mezzo al mare, ossia «un rimedio troppo piccolo per un malanno troppo grande».
Intanto, la realtà si fa sempre più “difficile” e si è sempre meno capaci di affrontare le sfide della globalizzazione. Ad esempio, scrive Sartori, in Italia, Paese in cui dilaga la corruzione e con una pubblica amministrazione inefficiente, si cerca di far fronte alla crisi aumentando la pressione fiscale, rischiando in tal modo di strangolare le piccole e medie imprese. Tanto che le uniche imprese che sembrano cavarsela sono quelle straniere, ma per il fatto che si tratta in gran parte di imprese familiari che possono sfruttare la manodopera sottocosto degli immigrati. Sicché, a parere di Sartori (che comunque precisa che la sua proposta intende sollevare il problema dell’Unione Europea, piuttosto che risolverlo), non ci sarebbe altro da fare che spalancare «le porte ad una concorrenza vigilata e corretta da una forte autorità europea che sia flessibile e attenta alle emergenze».
Tuttavia, anche se a Sartori si può riconoscere il merito di aver lanciato, per così dire, il sasso nello stagno dalle colonne del quotidiano (“eurofilo” se non addirittura “eurofanatico”) di via Solferino, è facile obiettare che se esiste “questa” Europa, ciò non dipende solo dalle scelte o dai calcoli degli “eurotecnocrati” o degli economisti europei, ma da ben precise scelte geopolitiche. L’Europa infatti non si trova in una sorta di terra di nessuno, ma in un determinato “spazio geopolitico” e in una determinata fase storica. E in una fase storica in cui stanno emergendo dei “centri di potenza”, a livello mondiale e regionale, che mettono in discussione i rapporti di forza fondati sull’egemonia globale statunitense, che è appunto il pilastro cardine dello “spazio geopolitico” in cui ancora è “incastonata” l’Europa, dopo la scomparsa dell’Unione Sovietica.
Un’Europa, pertanto, pensata e costruita in funzione proprio dell’unipolarismo statunitense, anziché di una struttura multipolare alternativa all’atlantismo. Da qui una serie di ostacoli, di vincoli, di difficoltà, di opportunità mancate e di decisioni politiche che hanno messo Eurolandia e di conseguenza l’intera Unione Europea nelle mani dei cosiddetti “mercati”, sul cui ruolo geopolitico testate come “Stato & Potenza” ed “Eurasia” hanno a lungo cercato di indagare, com’è noto, tenendo conto “della marcia delle cose”. Vale a dire non basandosi su assurde o superficiali tesi complottistiche, ma su argomenti che non ignorino quegli imperativi strategici che la stessa finanza mondiale non può non presupporre (ecco perché, se i tedeschi hanno indubbiamente le loro colpe, la “mano” che conta di più è naturalmente quella d’Oltreoceano).
Non stupisce quindi che in un articolo (delirante quanto si vuole, ma non per questo inutile o privo di interesse), dal titolo significativo “I princìpi del Montismo”[2], Ilvo Diamanti sia giunto a scrivere che Monti «è un garante [del programma promesso da Berlusconi, nda] visto che a scrivere e a dettare quel programma sono ambienti finanziari e istituzionali di cui egli fa parte». Insomma, adesso anche Repubblica “scopre le carte”, scrivendo chiaro e tondo come stanno le cose, senza timore di suscitare scandalo. E allora si dovrebbe capire che non è possibile evadere dal carcere con il permesso e l’aiuto del capo della polizia. Per questa ragione, la proposta di Sartori non ci convince. La posta in gioco è, in primo luogo, geopolitica, non meramente economica. Inutile quindi illudersi. Fino a quando l’Europa dipenderà dalla NATO e dai “mercati” non potrà che essere un “animale indifeso”. Nemmeno un’aquila può volare se non ha le ali.

Note:
1. http://www.corriere.it/editoriali/12_no … a70b.shtml.
2. http://www.repubblica.it/politica/2012/ … ref=HREA-1.

Fonte: http://www.statopotenza.eu/5078/unaquila-che-non-puo-volare

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