Il precedente storico della mutualizzazione dei debiti dell’Eurozona e della creazione degli Stati Uniti d’Europa: l’Unificazione d’Italia. Ecco perché la crisi è destinata ad acutizzarsi nel breve periodo anche a fronte dell’emissione degli Eurobond e della creazione di un soggetto politico europeo.
Di Stefano Fugazzi
La questione Eurobond non è di certo una novità per l’Europa. Già sul finire degli anni ’50 le istituzioni europee dibattevano sulla necessità di introdurre un meccanismo in grado di accomunare le emissioni obbligazionarie dei Paesi facenti parte della Comunità Europea. «L’affaire Eurobond» è prepotentemente tornato d’attualità in seguito all’escalation della crisi dei debiti sovrani. Nel maggio 2010 gli economisti Jakob von Weizsäcker eJacques Delpla hanno per primi rilanciato la possibilità di emettere titoli di debito europei da affiancare agli esistenti strumenti nazionali. Un anno più tardi, nel 2011, la Commissione europea ha divulgato un libro verde in cui si valutava la fattibilità di un’emissione debitoria comune. Tale proposta – tuttora oggetto di discussione – prevede la creazione di un meccanismo comunitario in grado di mutualizzare le porzioni di debiti sovrani eccedenti la soglia del 60% del PIL. L’obiettivo degli Eurobond – noti anche Stability Bonds – è di trasferire una sostanziale fetta del debito dai Paesi emittenti all’Europa allo scopo di limitare l’effetto-contagio della crisi, conseguire una riduzione dei costi di rifinanziamento e quindi accelerare il processo di risanamento dei bilanci statali.
EUROBOND: IL PRIMO PASSO VERSO LA CREAZIONE DEGLI STATI UNITI D’EUROPA?
Sebbene a livello europeo tali proposte stiano riscuotendo sempre maggiori consensi tra gli Stati Membri (e in particolare tra le file dei Paesi con un elevato rapporto debito pubblico PIL), è la Germania ad aver inizialmente osteggiato il progetto. Secondo gli esponenti di Bundesbank e del Bundestag, infatti, l’emissione degli Eurobond potrebbe disincentivare il conseguimento di politiche fiscali rigorose, un’eventualità che getterebbe le basi per un’irreversibile escalation della crisi debitoria. Non deve sorprendere, quindi, che sia stata proprio la Germania a caldeggiare la più classica delle vie di mezzo ossia l’European Redemption Pact (ERP), un piano di mutualizzazione del debito da affiancare al fiscal compact.
La parziale mutualizzazione dei debiti sovrani dell’Eurozona richiederà a Bruxelles e agli Stati Membri la revisione degli equilibri normativi e politici dell’Unione Europea. In primis, sarà necessario rivedere la “clausola di non assistenza” contenuta nell’articolo 125 del Trattato di Lisbona, che preclude esplicitamente ai singoli aderenti all’Unione Europea ogni forma di responsabilità per gli impegni assunti dagli altri Stati Membri. In secondo luogo, perché gli Eurobond funzionino, sarebbe necessario portare a compimento il «Progetto Europa» di Jean Monnet, François Perroux e Robert Schuman: la creazione degli Stati Uniti d’Europa.
LA MUTUALIZZAZIONE DEL DEBITO E LA CREAZIONE DI UN NUOVO SOGGETTO SOVRANO NELL’ITALIA DEL XIX SECOLO: UNA STORIA DESTINATA A RIPETERSI A LIVELLO EUROPEO?
Secondo la ricercatrice Stéphanie Collet dell’Université Libre de Bruxelles, l’affaire «Eurobond-Stati Uniti d’Europa» presenta non poche similitudini con la dinamica degli eventi che ha portato all’Unificazione d’Italia sul finire del XIX secolo.
La nascita dell’Italia non solo ha unificato sette soggetti sovrani preesistenti, ma ha accomunato i debiti pubblici di Stati virtuosi (come il Regno delle Due Sicilie) ed entità fortemente indebitate (come Regno di Sardegna e il Regno Lombardo-Veneto). Nei mesi precedenti alla proclamazione del Regno d’Italia nel 1861, i buoni del Regno delle Due Sicilie (la “Germania d’Italia” del XIX secolo) garantivano rendimenti del 4,3%, quelli sabaudi e romani pagavano il 5,7% mentre quelli lombardi il 5,9%. In seguito alla parziale unificazione della Penisola, nel dicembre 1862 i costi di rifinanziamento del debito passarono dal 5,3% del 1860 (valore medio ponderato) a quasi il 7% (6,8% per il Regno Lombardo-Veneto, 6,9% per Regno di Sardegna, Regno delle Due Sicilie e Stato Pontificio)
Emittente |
Rendimento 1860 |
% del totale |
Rendimento medio |
Rendimento 1862 |
Rendimento 1870 |
Rendimento 1871 |
Regno di Sardegna |
5,7% |
44% |
5,35% |
6,9% |
8,9% |
7,5% |
Regno Lombardo-Veneto |
5,9% |
2% |
6,8% |
|||
Regno delle Due Sicilie |
4,3% |
25% |
6,9% |
|||
Stato Pontificio |
5,7% |
29% |
6,9% |
7,8% |
Durante gli anni della Terza Guerra d’Indipendenza – nonostante l’emissione congiunta dei titoli di debito degli “Stati Membri” del neonato Regno d’Italia e una parziale unificazione politica della Penisola – i mercati hanno continuato a non credere al «Progetto Italia» di Cavour e Re Vittorio Emmanuele, una convinzione che ha spinto i rendimenti dei bond fino al 14% nel 1866. Solamente in seguito al completamento del progetto politico italiano (l’annessione del Veneto nel 1866 e dello Stato Pontificio nel 1870), i rendimenti dei buoni del tesoro italiani hanno iniziato a stabilizzarsi, assestandosi all’8,9% nel 1870 e al 7,5% nel 1871, ma pur sempre rimanendo su valori superiori alla media ponderata del 5,3% del 1860.