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“Sull’Europa, Hollande punta a un ruolo maggiore per la Bce, che dovrebbe avere la liberta’ della Fed americana, e spinge per gli Eurobond, la Tobin Tax e la Carbon tax. Sul fronte fiscale interno invece l’obiettivo e’ quello di tassare di piu’ i ricchi alzando al 75% l’aliquota per i redditi superiori a un milione di euro l’anno e a 45% quelli superiori a 150mila euro. Tra gli obiettivi anche quello di correggere la riforma pensionistica di Sarkozy reimpostando l’eta’ pensionistica 60 anni, ma solo per chi ha 41,5 anni di contributi.
Fonte:AGI.it
Francois Hollande favorevole all’invio di truppe in Siria
In merito all’impegno militare della Francia Francois Hollande ha intenzione di ritirare il più presto possibile, con un anno di anticipo, le truppe francesi dall’Afghanistan. Allo stesso tempo, paradossalmente, è pronto però ad avventurarsi in un altro conflitto in Siria. Intervenendo alla radio Europe-1 Hollande ha dichiarato: “Se questa missione verrà approvata dalle Nazioni Unite vi prenderemo parte.”
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Il leader del centro-destra Samaras riceve l’incarico per il nuovo esecutivo, ma non sarà facile formarlo né eventualmente governare
Andrea Perrone
Il popolo ellenico punisce i partiti che hanno messo in ginocchio il Paese. Le elezioni in Grecia hanno dimostrato che sarà estremamente difficile la formazione di un nuovo governo, dopo i risultati delle elezioni anticipate di domenica scorsa. A subire il colpo più duro sono stati in particolare i due partiti filo-europeisti e fautori delle misure draconiane imposte da Ue, Bce e Fmi alla Grecia, ovvero il Pasok (Partito Socialista) e Nuova Democrazia (centrodestra), che governano assieme in un governo di unità nazionale dalla fine del 2011. Socialisti e conservatori sono stati infatti pesantemente sanzionati dalle urne e hanno raccolto assieme poco più del 32% dei voti, stando ai dati diffusi dal ministero dell’Interno. Tradotto in seggi questa percentuale significa, nonostante il premio di maggioranza, 150 seggi, vale a dire uno in meno rispetto della maggioranza assoluta di 151. Il parlamento monocamerale conta infatti 300 seggi. I risultati definitivi assegnano a Nuova Democrazia il 18,86% (pari a 108 seggi); Syriza (sinistra radicale) 16,78% (52 seggi); Pasok 13,18% (41 seggi); Greci Indipendenti (destra nazionalista) 10,6% (pari a 33 seggi); Kke (comunisti) 8,48% (26 seggi); Alba dorata (destra radicale) 6,97% (21 seggi); Sinistra democratica (Dimar) 6,1% (19 seggi).
Il messaggio degli elettori contro i partiti che hanno accettato le condizioni da vera e propria macelleria sociale dell’Ue è chiaro. La formazione del futuro governo di Atene sarà quindi molto problematica e metterà a rischio il proseguimento della politica di rigore dettata dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale. Inoltre il panorama politico vede il crollo del bipartitismo e l’emersione fortissima dei partiti che si oppongono ai tagli e alle privatizzazioni.
I veri vincitori sono infatti il partito della sinistra radicale Syriza, contraria alle misure di austerità concordate da Atene con i suoi creditori, e il partito della destra radicale Alba dorata (“Chryssi Avghi”), che entra per la prima volta in Parlamento. Syriza ha ottenuto il 16,6% dei voti, pari a 51 seggi, più del triplo rispetto al voto del 2009, mentre Alba dorata ha conquistato il 6,97%, pari a 21 deputati. I suoi rappresentanti hanno spiegato quale è la linea politica che seguiranno dopo i successi elettorali. “Il nostro programma è un governo di sinistra che cancelli il memorandum … noi faremo di tutto perché il Paese abbia un governo che denunci l’accordo di prestito” con Ue e Fmi, hanno sottolineato. Syriza chiede inoltre la sospensione del pagamento del debito, la cancellazione di una parte del debito pubblico e misure di rilancio; non chiede l’uscita della Grecia dall’euro. Il leader della sinistra radicale, Alexis Tsipras, 37 anni, ha festeggiato nel centro di Atene, sottolineando come l’esito elettorale abbia “privato di qualsiasi legittimità il memorandum” d’intesa che prevede misure di austerità in cambio di prestiti per complessivi 240 miliardi di euro. Misure che hanno messo in ginocchio il popolo ellenico riducendolo alla povertà. E proprio il risultato ottenuto da Syriza potrebbe vanificare ogni tentativo di dare vita a una coalizione di unità nazionale con l’obiettivo di portare avanti il programma di austerità e mantenere il Paese nell’euro, come sollecitato dai leader dei due principali partiti, il conservatore Antonis Samaras (nella foto) e il socialista Evangelos Vénizélos. A questa complessa situazione si aggiunge anche il risultato di Alba dorata, il partito di estrema destra che ha ottenuto una grande affermazione alle elezioni di domenica. A parlare subito dopo i risultati è stato il leader Nikos Mihaloliakos, che ha affermato la volontà del suo movimento di battersi contro gli “usurai mondiali” e la “schiavitù” imposta ad Atene dall’Unione europea e dal Fondo monetario.
Per quanto riguarda invece la nascita del nuovo governo, ieri pomeriggio il presidente greco Karolos Papoulias ha affidato al leader di Nuova Democrazia il difficile compito di formare un nuovo governo. In base alla legge, Samaras è stato incaricato in quanto leader del partito che ha ottenuto il maggior numero di consensi. Ma per governare serve un altro partito e tutti gli occhi sono puntati su Sinistra Democratica, che ha ottenuto il 6,10% e 19 seggi. Il suo leader, Fotis Kouvelis, si è sempre detto filoeuropeo, ma ieri sera subito dopo il voto ha escluso di entrare in una coalizione con Nuova Democrazia e Pasok. E comunque sia, se ciò dovesse avvenire, Samaras si rimangerà la parola visto che poche ore prima del voto aveva dichiarato che non avrebbe mai partecipato a un governo di unità nazionale con i socialisti.
Se Samaras tuttavia non dovesse riuscire nel suo intento, l’incarico andrà al leader del partito secondo classificato, Tsipras di Syriza. In caso di un ennesimo fallimento, l’ultimo tentativo verrà affidato al terzo classificato, Venizelos leader del Pasok. Ognuno avrà a disposizione tre giorni per raggiungere un accordo. Se tutti falliranno verranno indette nuove elezioni, che si svolgeranno entro il prossimo giugno.
Rinascita 08 Maggio 2012
L’Eliseo svolta a sinistra. Ma rimane la vittoria del neoliberismo
È la prassi della finta alternanza. Sarkò punito. François Hollande è il nuovo presidente della Repubblica francese.
Sebastiano Caputo
Rimane più significativa la bocciatura di Nicolas Sarkozy che la promozione di François Hollande. La destra liberale è caduta questa domenica per aver tradito nel quinquennio presidenziale le promesse fatte ai francesi nel 2007. Ma Sarkò ha voluto comunque ammettere la sconfitta nel suo discorso di addio proclamato subito dopo i risultati: ”La Francia ha un nuovo presidente e va rispettato. L’ho sentito al telefono, gli auguro buona fortuna e buon lavoro. Stasera dobbiamo pensare alla grandezza della Francia e al benessere dei francesi. Sono solo io il responsabile della sconfitta Dopo 35 anni di incarico politico, torno ad essere uno di voi, un francese tra i francesi”. Anche se la disfatta elettorale non è schiacciante (il distacco è di soli 4 punti percentuali) l’ex capo dell’Eliseo ha fatto sapere ieri sera che lascerà definitivamente la direzione del suo partito, l’Unione per un Movimento Popolare. Oltre alla svendita del patrimonio gollista, questa sconfitta deriva dal fatto che Nicolas Sarkozy non è riuscito a calamitare tra il primo e il secondo turno i voti del Front National (18 per cento dei voti al primo turno) i cui elettori hanno per la gran parte preferito astenersi o votare “scheda bianca”. Così dopo 17 anni di governatorato di centro-destra, François Hollande, eletto con il 52 per cento dei consensi al ballottaggio, si è imposto erede indiscusso del mitterandismo portando all’Eliseo il Partito Socialista. I sostenitori del nuovo presidente della Repubblica francese hanno festeggiato a Piazza della Bastiglia (è da sottolineare il fatto che non ci sia stato nemmeno un tricolore francese nella piazza) sia domenica che ieri, scandendo il celebre slogan elettorale di Hollande: “Le changement c’est maintenant” (Il cambiamento è adesso).
La stampa internazionale si è detta preoccupata per il futuro dell’Unione Europea, come si sono allarmati i mercati finanziari che hanno visto subito una reazione negativa delle borse dopo i risultati del ballottaggio. Ma perché tutti questi allarmismi? Per non preoccuparsi basta non avere la memoria corta e tornare all’intervista pubblicata due mesi e mezzo fa dal quotidiano inglese The Guardian, dalla quale si capisce che gli appelli anti-liberisti e in difesa dei lavoratori francesi sono stati soltanto frutto della campagna elettorale dei socialisti. Al colloquio con l’allora candidato alla presidenza, la giornalista inglese gli aveva chiesto preoccupata cosa sarebbe successo se la sinistra fosse diventata la prima forza politica in Francia. François Hollande aveva replicato testualmente: “Gli anni Ottanta erano un’altra epoca. Quell’epoca si è dissolta, ormai appartiene al passato. Erano i tempi della guerra fredda in cui François Mitterand nominò dei comunisti al governo. Oggi, non ci sono più i comunisti in Francia…la sinistra ha governato per quindici anni (con Mitterand dal 1881 al 1995, ndr) nei quali ha liberalizzato l’economia e ha aperto i mercati alla finanza e alle privatizzazioni. Non c’è più nulla da temere”. Ma come, Hollande ha puntato per tutti questi mesi il dito contro l’alta finanza e poi ha riservato onore e gloria alle liberalizzazioni degli anni Ottanta? E poi, non sono stati i socialisti francesi a votare i trattati di Maastricht nel 1992 spalancando le porte all’euro-disastro? Messe da parte queste incoerenze ideologiche, per quanto riguarda l’intero programma presidenziale di François Hollande, questo si articola fondamentalmente su quattro punti: concedere il diritto di voto agli stranieri e il diritto di nozze e di adozione per le coppie omosessuali, riaprire i negoziati europei al fine di “rompere” il duopolio franco-tedesco, e infine ritirare le truppe francesi dall’Afghanistan entro il 2012 (proposta tra l’altro già espressa dal suo predecessore).
Marine Le Pen, leader del Front National, ha dal canto suo rilasciato dure critiche nei confronti dei due finalisti dopo aver confermato ai microfoni di Bfm Tv di aver votato scheda bianca:“Nicolas Sarkozy è l’unico responsabile della vittoria di François Hollande alle presidenziali e della sua sconfitta; quanto a Hollande, il neo presidente francese è altrettanto incapace di difendere la Francia e i suoi valori tradizionali. Come Sarkozy, anche lui deluderà in fretta”. Adesso è da vedere se il centro-destra senza Sarkozy riuscirà ad evitare l’implosione restando unito attorno ad un nuovo leader, se ce ne sarà uno. Le elezioni legislative, in programma ad inizio giugno, determineranno definitivamente il nuovo scacchiere politico francese. A breve François Fillon, l’attuale primo ministro dovrà presentare le dimissioni insieme a quelle del suo esecutivo a Nicolas Sarkozy prima del passaggio dei poteri o a françois Hollande durante la cerimonia di insediamento. E a sua volta il neopresidente dovrà nominare un nuovo premier. I favoriti alla successione di Fillon sono attualmente Manuel Valls, deputato sindaco di Evry e direttore della comunicazione di Hollande, Martine Aubry, ex segretaria del partito e infine Jean-Marc Ayrault, capogruppo socialista all’Assemblea Nazionale. Intanto la transizione alla presidenza in Francia tra Nicolas Sarkozy e François Hollande verrà formalizzata il prossimo 15 maggio. E nonostante gli allarmismi, questa transizione sembra porsi in perfetta continuità con il liberismo e l’europeismo promosso da Bruxelles.
Rinascita 08 Maggio 2012