A questa domanda proviamo a rispondere fornendo la copia di un’interrogazione parlamentare su un nuovo regolamento che stanno elaborando i tecnici del Ministero del lavoro sui fondi di previdenza complementare. Tra i fondi ci sono anche quelli per i dipendenti del pubblico impiego nei quali in qualche modo c’entrano anche INPDAP, ora INPS, probabilmente uno dei motivi per cui Il collezionista Mastrapasqua ha voluto a tuti i costi annettersi l’INPDAP. La questione riguarda 23 milioni di lavoratori.
SENATO DELLA REPUBBLICA
—— XVI LEGISLATURA ——
755aSEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
GIOVEDÌ 28 GIUGNO 2012
(Pomeridiana)
Legislatura 16ª – Aula – Resoconto stenografico della seduta n. 755 del 28/06/2012
Interrogazioni con richiesta di risposta scritta
LANNUTTI – Ai Ministri dell’economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali – Premesso che:
si sta concludendo la pubblica consultazione sul nuovo regolamento dei fondi pensione. Il Ministero dell’economia e delle finanze ha rivolto un invito affinché siano inviate osservazioni al riguardo, invito a cui, però, non ha dato quasi alcuna pubblicità, il che, a giudizio dell’interrogante, fa nascere seri dubbi sulla sue reali intenzioni;
a riguardo “il Fatto Quotidiano” riporta un articolo critico di Beppe Scienza: «Il regolamento proposto appare ritagliato sulle esigenze o, meglio sugli interessi, dell’industria parassitaria del risparmio gestito. Interessi contrari a quelli dei lavoratori-risparmiatori. Facciamo però un passo indietro, per vedere coma funzionano in particolare i fondi pensione chiusi o negoziali, che sono quasi sempre fondi voluti dai sindacati concertativi (Fondo Cometa, Fonchin, Fopen, Fon.Te, Priamo, Espero ecc.). Per cominciare i lavoratori affidano al fondo i soldi del proprio TFR e/o quelli versati liberamente da loro e/o dal datore di lavoro in base ad accordi che qui non approfondiremo. Ma che comunque si basano sulla regola “Stesso lavoro, paga diversa” calpestando uno dei principi alla base di quasi due secoli di lotte sindacali. Gli amministratori del fondo, pagati non si capisce bene per cosa, di regola subappaltano la gestione del fondo a una o più società di gestione (Eurizon, Pioneer, Unipol,, Ubs, ecc.) tramite le c.d. convenzioni. Ma questo è solo il primo subappalto. Infatti il regolamento di prossima approvazione permette (e lo permetteva già quello in vigore ma in maniera meno sfacciata) che il 100% dei soldi del fondo pensione finisca a sua volta in fondi comuni o simili. Ciò significa che la loro gestione viene sub-subappaltata ad altri in un’assenza di trasparenza quasi totale. Gli stessi amministratori neppure sanno esattamente in che titoli è finito il patrimonio del fondo pensione, né tanto meno quali compravendite avvengono, a spese e a danno dei lavoratori aderenti a fondo. E di regola non gliene importa neanche nulla. La cosa grave è che i lavoratori aderenti al fondo non hanno nessun diritto di sapere cosa viene comprato, quando e a che prezzo coi loro soldi. A ciò si aggiunge che il regolamento autorizza di fatto quasi il 40% di titoli non quotati, per esempio cattive obbligazioni bancarie, e permette il 20% in fondi chiusi o in fondi speculativi (o hedge). Tutte cose che cozzano con ogni finalità previdenziale»;
relativamente alla mancata diffusione della notizia ai cittadini sull’iniziativa di consultazione organizzata dal Ministero, Beppe Scienza dichiara di aver telefonato al Ministero e che una funzionaria gli avrebbe detto che la sua telefonata era la prima che riceveva;
considerato che:
la questione riguarda indirettamente i 23 milioni di lavoratori italiani cui si rivolgono i fondi pensione e direttamente 2 milioni di lavoratori che aderiscono ai fondi pensione negoziali dove il loro trattamento di fine rapporto è finito in modo irrimediabile;
nella relazione introduttiva del provvedimento è detto che dovrà essere prevalente l’investimento in strumenti negoziati nei mercati regolamentati, in parole povere in titoli quotati o simili. Di conseguenza i fondi comuni e simili, ovvero gli organismi d’investimento collettivo del risparmio (OICR) si considerano strumenti finanziari negoziati nei mercati regolamentati;
in realtà un OICR è un fondo comune, o una Sicav, dove il gestore può fare come vuole comprando e vendendo titoli senza che l’aderente al fondo pensione possa esserne a conoscenza. I fondi comuni sono, a giudizio dell’interrogante, simili a scatole nere;
l’assenza di trasparenza diventa la regola per i risparmi dei lavoratori italiani, intrappolati nei fondi pensione;
l’investitore prudente sceglie titoli quotati, perché così può venderli abbastanza facilmente, se ne ha bisogno o quando vuole cambiare investimento. Invece il regolamento prevede che si può investire fino al 30 per cento in titoli non quotati e addirittura non negoziati in mercati regolamentati, quali sono in Italia la borsa o EuroTlx. Non basta, perché il rimanente 70 per cento può essere in fondi comuni con un 10 per cento di titoli non quotati. Così il 37 per cento del fondo pensione può essere in titoli non quotati, dal valore nebuloso e dal realizzo difficile o impossibile. Il fondo può mettere un 20 per cento in fondi alternativi o chiusi. I primi sono noti come fondi “hedge“, sul cui rischio non è il caso di dilungarsi. I secondi sono strumenti finanziari da cui non si può uscire;
scrive Stefania Rimini per il “Corriere della Sera”: «Mentre ognuno si chiede in questo momento “come posso limitare il rischio nel mio investimento?”, il ministero dell’Economia e quello del Lavoro hanno intenzione di lasciare ai Fondi Pensione la libertà di scommettere con i soldi versati dai lavoratori.”(…) L’industria del risparmio gestito può ringraziare»,
si chiede di sapere:
quali siano i motivi per cui i Ministri in indirizzo non abbiano provveduto a dare idonea pubblicità all’iniziativa di consultazione dei cittadini, invitati a mandare osservazioni sul nuovo regolamento per gli investimenti dei fondi pensione;
come sia impossibile equiparare fondi comuni e simili, i cosiddetti OICR, agli strumenti finanziari negoziati nei mercati regolamentati, cioè in pratica ai titoli quotati;
se il Governo non ritenga che l’utilizzo del subappalto per avere un fondo pensione con il 100 per cento del patrimonio in fondi comuni e Sicav, in assenza di trasparenza sulle attività possedute e sulle compravendite delle medesime, non rappresenti un forte rischio per i lavoratori calpestando ogni regola di prudenza quando si permette di investire direttamente il 30 per cento in strumenti finanziari non negoziati in mercati regolamentati;
quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di rivedere la normativa affinché possa rispondere alle finalità previdenziali, anche stabilendo che a un fondo devono essere permessi solo titoli quotati e che devono essere banditi da un impiego previdenziale i fondi hedge e i fondi chiusi, pieni di azioni di aziende non quotate, permessi invece per il 20 per cento del patrimonio, tutelando così i lavoratori da ogni forma di imprudenza, incapacità e cattiva amministrazione del risparmio gestito ed evitando ai gestori di saccheggiare il fondo pensione.
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