Il modulo Esta, che autorizza a imbarcarsi per gli States, ha adesso una voce sulla “presenza online” del viaggiatore. Che deve comunicare anche i siti e le applicazioni per le quali collabora. Dati conservati per 75 anni. E’ caccia aperta alle “attività nefaste”
di ALDO FONTANAROSA
ROMA – Natale a New York? Capodanno in California, la Befana in Florida? Gli italiani che hanno programmato una viaggio negli Stati Uniti si sono imbattuti nel primo controllo social ad opera delle autorità americane.
Proprio così. Ora gli Usa vogliono sapere se abbiamo uno spazio in un social media e dove per la precisione. Nel radar ci sono 13 social, dai più comuni ai meno noti. Ma anche “i siti e le applicazioni” per le quali eventualmente collaboriamo. Il turista, l’uomo di affari italiano non è obbligato a rispondere sul punto. La cosa al momento è volontaria. Ma la severità degli Stati Uniti potrebbe indurre i responsabili di frontiera a negarci l’ingresso nel Paese, se non collaboriamo.
Il controllo social degli americani prende corpo quando andiamo in Internet per compilare il modulo Esta (il Sistema elettronico di autorizzazione al viaggio). Questo formulario online, obbligatorio dal 2009, permette agli Usa di fare un controllo preventivo sulle persone decise a imbarcarsi in aereo oppure in nave verso il Paese. L’Esta non è un visto. È un’autorizzazione a fare il viaggio mentre il visto vero e proprio ci sarà concesso (o negato) dalle autorità di frontiera.
Bene, dal 19 dicembre questo modulo Esta include la voce social, che ci chiede di dichiarare quali siano i nostri account, quali i siti dove scriviamo, quale il nostro username, quale l’eventuale pseudonimo che utilizziamo.

La richiesta di accendere un faro sull’attività degli stranieri sui social network risale a giugno e fa capo al Dipartimento di Stato per la Sicurezza interna.
Quando formula la sua proposta di monitorare i nostri account Facebook o Twitter, a giugno il Dipartimento non fa mistero delle sue intenzioni. “La raccolta dei dati dei social media – spiega il Dipartimento – permetterà di migliorare il processo investigativo in corso fornendo maggiore visibilità alle possibili attività nefaste”. Non solo. Questa informazione farà anche luce sulle “connessioni” tra lo straniero in arrivo negli Usa e i suoi amici fornendo un ulteriore strumento di esame ad “analisti e investigatori”.
Gli americani, dunque, passeranno ai raggi X tutti i dati pubblici dei nostri account, dalle conversazioni ai collegamenti, in cerca di notizie sui nostri piani, sulle nostre intenzioni, sui nostri amici. Ma il “Center for Democracy & Technology” – impegnato nella difesa dei diritti del cittadino digitale – sospetta che gli Usa rivolgeranno richieste mirate ai social perché svelino anche i dati privati delle persone giudicate “a rischio”.
I dati che comunicheremo – volontariamente – con il modulo Esta saranno conservati per tre anni. Ma questo periodo può allungarsi di molto: fino a 12 anni se richiesto da necessità investigative (in questo caso un “numero limitato” di funzionari avrà accesso alle informazioni); fino a 75 anni nei casi più estremi.
Il Dipartimento di Stato per la Sicurezza interna potrà condividere le nostre informazioni con “agenzie governative federali, statali, locali” degli Stati Uniti; ma anche con “agenzie statali straniere e organizzazioni governative multilaterali”. Questa condivisione di dati è giustificata dal sospetto di violazioni delle leggi penali e civili, non necessariamente legate ad azioni terroristiche.
I social network nel mirino delle autorità statunitensi sono quelli classici: Facebook, Twitter, LinkedIn, Google+, Youtube. Ma ci sono anche Flickr, Instagram, Tumblr. E ancora ASKfm, GitHub, JustPaste.it, Vine, fino al russo VKontakte.
FONTE: repubblica.it