Il debito mondiale è salito al record di 152.000 miliardi di dollari, ma vi sono profonde differenze tra i diversi gruppi di paesi. La crescita globale ne risente negativamente.

Gli ultimi dati diffusi dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) mostrano un’impennata del debito mondiale del settore non finanziario, che al termine del 2015 risultava salito alla cifra record di 152.000 miliardi di dollari, più del doppio del valore nominale di inizio Millennio, pari al 225% del pil del pianeta. I due terzi di questo debito è del settore privato (società non finanziarie e famiglie), mentre il debito pubblico complessivo ammonta all’85% del pil. Era al 70% a inizio Millennio. Secondo l’analista McKinsey, alla metà del 2014, il debito del settore finanziario nel mondo ammontava a 45.000 miliardi, per cui oggi includendo anche questo, si arriverebbe a un totale di oltre 200.000 miliardi.

I dati segnalano una ripartenza del peso del debito, dopo la contrazione subita tra il 2009 e il 2011, ovvero nel bel mezzo della crisi finanziaria globale. Da allora, però, la crescita ha rallentato il passo, rispetto ai livelli pre-crisi, tanto che tra il 2009 e il 2015, l’indebitamento è salito solo del 5% del pil, passando dal 220% al 225%, quando tra il 2002 e il 2009 era aumentato del 20% del pil.

Debito mondiale rallenta crescita globale

Scorporando i dati di USA e Cina, le prime due economie del pianeta, il rapporto tra debito e pil mondiali sarebbe di poco inferiore al 215%. Pertanto, americani e cinesi innalzano la media, a conferma che si tratti di popoli mediamente molto indebitati.

L’FMI ha messo in guardia proprio dal circolo vizioso, che potrebbe generarsi tra un alto livello di indebitamento e tassi di crescita. In generale, si riscontra, infatti, che i paesi più indebitati tendono a crescere di meno e allo stesso tempo il rallentamento della crescita fa innalzare il peso del debito. L’istituto di Washington nota anche come le crisi finanziarie siano collegate solitamente agli alti livelli di indebitamento e invita i paesi economicamente depressi e con banche deboli a non varare strette fiscali premature.

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