Credit Suisse, licenziamenti e primo trimestre in rosso. Ma il numero uno incassa 4,7 mln

di FRANCO ZANTONELLI
LUGANO – Credit Suisse, seconda banca elvetica per importanza, fa sapere che il primo trimestre dell’anno si chiuderà in perdita. D’altronde era già successo nel 2015, conclusosi con un rosso di 2,9 miliardi di franchi, circa 2 miliardi e mezzo di euro. La stessa banca annuncia che la ristrutturazione, avviata dal nuovo ceo, Tidjame Thiam, necessiterà di ulteriori tagli di posti di lavoro. Ne erano previsti 4000, in realtà saranno 6000. Il neo-top manager franco-ivoriano di Credit Suisse in febbraio aveva preventivamente anticipato l’întenzione di ridurre dell’11%, i bonus dei vertici operativi dell’istituto. Compreso il suo, anche se non aveva annunciato l’entità del taglio. “Non posso esigere sacrifici dagli altri e non farne anch’io”, la promessa di Thiam. In realtà oggi si scopre che, lo scorso anno, ha sì incassato, tra stipendio e bonus, poco più della metà del suo predecessore (circa 4,7 milioni di euro), lo statunitense Brady Dougan, ma lavorando 6 mesi in meno. Ma non basta perché, per lasciare il gruppo assicurativo britannico Prudential e approdare al colosso bancario elvetico, il 53 enne Thiam aveva ottenuto una buonuscita di 14,3 milioni di franchi, oltre 13 milioni e mezzo di euro. Con il risultato che, nel 2015, tra una cosa e l’altra, si é portato a casa la bellezza di 18,9 milioni di franchi, ovvero 18 milioni in valuta unica.

“Ogni giorno che ha lavorato al Credit Suisse, considerando anche le due settimane di ferie, ha guadagnato 150 mila franchi”, gli ha fatto i conti in tasca il portale di Zurigo Insidepadeplatz. Oltre 130 mila euro, ovvero “30 volte di più del Presidente della Confederazione, Johann Schneider-Ammann”, é sceso nel dettaglio il giornale online. Insomma la Svizzera, nonostante tre anni fa i cittadini abbiano approvato, in referendum, la proposta di regolamentare, in senso restrittivo, gli stipendi dei vertici aziendali, rimane una sorta di paradiso, per i manager. Non a caso Tidjame Thiam, pur in vena risparmiosa, senza tener conto della sontuosa liquidazione di Prudential, si ritrova ad essere il quinto manager più pagato del Paese. “In realtà la proposta scaturita dalle urne nel 2013- spiega a Repubblica.it  Giovanni Barone Adesi, docente di finanza all’Università della Svizzera Italiana di Lugano – non prevedeva un tetto alle retribuzioni, come erroneamente si pensa, piuttosto introducel’obbligo di fare approvare la retribuzione agli azionisti”. Intanto, però, il Governo non ha ancora varato la relativa legge attuativa e il motore di quel referendum, il parlamentare e imprenditore, Thomas Minder, denuncia il tradimento della volontà popolare.

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