Dalla composizione del Senato, considerata illegittima, al procedimento legislativo a rischio incostituzionalità, dall'”errore secco” per l’elezione del presidente della Repubblica al conflitto tutt’altro che sanato tra Stato e Regioni. I paradossi di una “riforma” che rimetterà tutto ai giudici della Consulta. L’analisi del professor Vittorio Angiolini, costituzionalista dell’Università Statale di Milano in vista del referendum del prossimo ottobre
di Duccio Facchini – 6 giugno 2016
La “riforma” costituzionale voluta dal Governo non rappresenta soltanto un “attacco al cuore delle istituzioni”, ma la garanzia di un sostanziale immobilismo parlamentare e legislativo. A sostenerlo, dopo aver letto con attenzione i 41 articoli del testo definitivo pubblicato in Gazzetta ufficiale, è il professor Vittorio Angiolini, docente di Diritto costituzionale all’Università Statale di Milano. Con altri 55 colleghi, ha sottoscritto a metà aprile un documentato appello a sostegno delle ragioni del “No” in vista del referendum di ottobre, meritandosi l’etichetta di “archeologo travestito da costituzionalista” dal presidente del Consiglio.
Professor Angiolini, quali sono i pregi e i difetti della riforma?
VA Abolire il bicameralismo paritario indifferenziato -e cioè due Camere che devono entrambe deliberare la legge nello stesso testo, che devono entrambe dare la fiducia al Governo e che sono entrambe composte pressoché nello stesso modo- è un’idea corretta, in astratto. Il problema è che nella riforma il Senato è stato cambiato sia nella composizione sia nelle funzioni. E il guaio è che in entrambi i casi si è voluto costruire un meccanismo che produce effetti opposti a quelli dichiarati, traendo contraddittoriamente ispirazione da modelli opposti tra loro: quello del Senato degli Stati Uniti, composto di senatori direttamente eletti dal popolo per ogni Stato -e dotato di funzioni di controllo sul potere esecutivo molto potenti-, e quello tedesco, dove i Laender, gli Stati federati della Germania più simili alle nostre Regioni, eleggono un certo numero di rappresentanti dentro il Bundesrat, il consiglio federale. Il nuovo articolo 57 della Costituzione prevede infatti che i senatori vengano eletti dai Consigli regionali ma in “conformità” alla volontà del popolo. Siccome è impossibile fare una legge che metta d’accordo il popolo e i consiglieri regionali, perché tutto ha un limite anche nella magia di questo Governo, si dovrà operare una scelta attraverso una legge di approvazione delle due Camere che sacrificherà una delle due volontà, contrastanti tra loro nello stesso articolo, e che sarà incostituzionale per definizione. La cosa curiosa di questa “riforma” è che nasce da un governo che ha molto fastidio per il componimento delle controversie in sede giudiziaria, e che però ha scritto una riforma il cui principale vizio sta proprio nel fatto che rimette tutto ai giudici.
Dunque sarà impossibile comporre il nuovo Senato?
VA Sarà difficile, quanto meno in modo legittimo. La qual cosa ‘non ha un gran peso’, si dice, perché in fondo alla riforma c’è una norma transitoria secondo la quale fino a che non si fa la legge per l’elezione dei senatori, li eleggeranno i consigli regionali su liste bloccate. Ripeto, su liste bloccate. C’è il rischio dunque che la legge non si faccia mai e che la composizione del Senato venga regolata dalla norma transitoria da qui all’eternità. Che è un classico in Italia.
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