Da Rischio Calcolato

In poche parole, il combinato disposto fra Jobs Act, e la decontribuzione per i neo assunti rende meno oneroso assumere e licenziare una persona con un contratto che formalmente è a tempo indeterminato (ma a tutele crescenti) dopo un anno, rispetto all’assumerlo con un contratto a tempo determinato.

Di fatto dal punto di vista di chi assume, il Jobs Act e la decontribuzione hanno creato un sistema per cui chi viene formalmente assunto con un contratto a tutele crescenti a tempo indeterminato in realtà è come se avesse un contratto a tempo determinato meno oneroso di quello standard.

Guardate questa tabella:

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Ora fate l’ipotesi che l’impresa Alpha abbia bisogno di Mario Rossi e decida di assumerlo con un contratto che al massimo duri un anno:

  • Alpha può scegliere di assumere Mario Rossi con un contratto a tempo determinato
  • Alpha può scegliere di assumere Mario Rossi con un contratto a tempo indeterminato a tutele crescienti accedendo alla decontribuzione, dovendogli corrispondere dopo un anno un piccolo indennizzo per il licenziamento (e non il reintegro)

Risposta: Ad Alpha conviene fare un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti a Mario Rossi e poi licenziarlo dopo un anno. In totale Alpha avrà speso di meno, e per inciso anche Mario Rossi avrà ottenute qualcosa in più. Ovvero l’indennità prevista dalla sua tutela crescente.

Ecco quindi spiegato il boom dei contratti che “formalmente” l’Inps e l’Istat contano come “a tempo indeterminato” ma che in realtà non lo sono.

Detto questo, io penso che decontribuzione e Jobs Act siano fiori all’occhiello del Governo Renzi perchè raggiungono alcuni obbiettivi:

  1. I contratti a tempo determinato presentavano delle rigidità per cui non potevano essere rinnovati oltre un certo numero di volte, con il contratto a tutele crescenti l’azienda che assume ha l’incentivo a tenersi il lavoratore se questo di dimostra all’altezza delle aspettative piuttosto che cercarne un altro da formare da zero.
  2. La decontribuzione di fatto è un trasferimento dello Stato sia alle aziende che la utilizzano sia per il lavoratore. Qui bisogna intendersi. Lo Stato si fa carico della parte di contributi che sarebbero stati a carico del lavoratore, mentre vengono azzerati i contributi alla previdenza sociale a carico dell’azienda.

Se ci pensate un attimo la decontribuzione toglie risorse alle generazioni che già lavorano a tempo indeterminato e che sono in pensioni e da risorse alle aziende che assumono e ai giovani che vengono assunti. In altre parole si realizza un taglio effettivo delle tasse e dei contributi sul lavoro.

Il problema è vedere se la maggior spesa sarà coperta da altre tasse o da tagli di spesa.

Poi c’è la questione del boom dei neoassunti: al di la della propaganda il governo si renderà presto conto che la decontribuzione porterà ad un buco mult imilardario nei conti dello Stato.

Il comportamento delle aziende è già quello di utilizzare massivamente il Jobs Act e la decontribuzione, e nel caso limite dei lavoratori stagionali (6 mesi) il contratto a tutele crescenti non prevede che un indennizzo meramente simbolico, e dunque di fatto la decontribuzione agirà semplicemente come un taglio del costo del lavoro senza produrre nessuna nuova occupazione.

Ma lo ripeto: è una buona cosa. Sono tasse e contributi (in un sistema a ripartizione i contributi sono equivalenti a tasse) in meno. Il punto nodale rimane sempre uno solo, ovvero dove prenderà i soldi il governo. Se questa maggior spesa verrà coperta da veri tagli di spesa (e non spostamenti di fiscalità dallo Stato agli enti locali) allora si potrà dire che il Governo Renzi avrà davvero tagliato le tasse e fatto ripartire il lavoro.

da Consulente del Lavoro

Per poter usufruire della decontribuzione prevista dalla Legge di Stabilità per le nuove assunzioni con i contratti a tempo indeterminato servono quasi 3 miliardi di euro. Secondo i calcoli dell’Osservatorio della Fondazione Studi, infatti, i contratti stipulati nel 2015 dovrebbero essere 1.150.000 per i quali è prevista un’agevolazione media di 4.130 euro e un costo complessivo di 4 miliardi e 745 milioni di euro. Il Governo ha già stanziato 1,8 miliardi per quest’anno, ma all’appello mancano ancora 2,945 miliardi di euro.

Ci sono già circa altri 3 miliardi di euro di “buco”, ovvero di minori contributi e Irap nei conti dello Stato. Buco destinato a salire in maniera esponenziale questa estate (con i lavori stagionali). Può essere un buco positivo se verrà coperto con tagli alla spesa reali, altrimenti sarà solo un dannosissima partita di giro.

 

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