Dopo il rapporto sui possibili effetti nocivi sulla salute l’olio di palma viene eliminato dai prodotti a marchio Coop
Il presidente Marco Pedroni ha specificato che saranno oltre 200 i prodotti che spariranno dagli scaffali della nota catena di supermercati. Coop non è un caso isolato, da mesi Unes e Pam hanno giocato d’anticipo proponendo un’ampia gamma di prodotti alimentari palm free, Carrefour dispone ormai di una cinquantina di prodotti senza l’ingrediente ed Esselunga ci sta pensando.
Dal 13 dicembre 2014 si è resa obbligatoria l’indicazione della presenza dell’ingrediente, mentre prima era sufficiente indicare un generico “olio vegetale”. Dopo l’introduzione dell’obbligatorietà dell’indicazione l’industria alimentare ha scelto due strade: alcuni hanno iniziato a produrre e indicare come palm free i propri prodotti, altri hanno continuato a produrre con olio di palma finanziando pubblicità e controinformazione atte a rassicurare i consumatori.

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La decisione di Coop rischia di provocare un effetto domino su tutta l’industria alimentare: l’effetto immediato sarà sui prodotti a marchio delle singole catene, ma, successivamente al probabile esodo di buona parte del mercato sui prodotti ritenuti maggiormente sicuri, anche chi largheggia nell’utilizzo dell’olio di palma e lo ha difeso a spada tratta fino a ieri, sarà costretto a eliminarlo dalla produzione.
È questa, dunque, una vittoria dei consumatori sul mercato. Il tutto mentre persino il più grande produttore mondiale di questo ingrediente base – l’Indonesia – ha deciso negli scorsi giorni di bloccare le concessioni di nuovi terreni per la monocoltura della palma.
Come fa notare su La Stampa il responsabile dell’area comunicazione e ricerche di Federdistribuzione Stefano Crippa il merito è anche delle campagne informative che si sono diffuse fra i consumatori creando consapevolezza e modificando le abitudini di acquisto:
“Le imprese sono diventate più prudenti e attente: non vogliono ritrovarsi fra i cattivi perché gli effetti, grazie alla Rete, rischiano di essere drammatici”.
Secondo una recente ricerca di Nielsen, il 53% degli italiani è disposto a pagare di più per acquistare prodotti sostenibili.
Se il mercato decide di cambiare, insomma, non è soltanto per la salute dei consumatori, ma per non perdere quote di mercato. Leggendo l’etichetta e agendo di conseguenza il consumatore ha un potere maggiore rispetto a quello di quando mette una croce in una cabina elettorale. E qualche volta “votare” contro funziona.

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