Una speranza aveva aleggiato, ieri. Rosin, la compagna di Brendan, avrebbe dovuto incontrare il ministro della Giustizia nordirlandese David Ford e si sperava che l’esito della riunione, la mobilitazione internazionale, la relazione di un medico indipendente avrebbero fatto cambiare idea al ministro sul rifiuto di concedere a Brendan la libertà. La notizia che Martin Mc Guinnes si era finalmente deciso, dopo mesi di indifferenza, a chiedere la liberazione di Brendan aveva dato l’illusione che qualcosa di bello sarebbe potuto accadere. Invece no: David Ford è rimasto fermo sulle sue posizioni. Il cambiamento di rotta di Mc Guinnes ha comunque dimostrato che l’attenzione mediatica fa miracoli. Che mobilitarsi, diffondere notizie sulla condizione di Brendan può servire a smuovere qualcosa e qualcuno. Finalmente anche la stampa nordirlandese si è interessata la caso e ieri l’Irish News ha pubblicato un articolo della giornalista Allison Morris, che pochi giorni fa si è recata a Maghaberry assieme alla compagna di Brendan, Roisin, e ad un medico indipendente per toccare con mano le condizioni del prigioniero. La realtà è molto più scioccante, scrive Allison, dell’immagine che tutti abbiamo visto in questi giorni: quella foto di un uomo magro, emaciato, disteso in un letto. Allison racconta che gli occhi di Brendan sono sensibili alla luce, la sua vista è calata talmente tanto che gli è impossibile leggere e a parte le visite settimanali di un’ora gli unici contatti umani che ha sono con il personale carcerario. Con le vertebre della spina dorsale oramai fuse tra loro, Brendan giace nella stessa posizione da mesi, posizione dalla quale può vedere solo la porta della minuscola cella che condivide con altri malati, anche psichiatrici. “Il suo viso è scheletrico, ha la barba sfatta, la sua pelle è così pallida da sembrare trasparente”, racconta la giornalista. Il medico indipendente con cui Allison e Roisin si sono recate in carcere ha calcolato che la massa corporea di Brendan, un uomo alto 1 metro e 80, è ormai equivalente a quella di un bambino di 10, massimo 12 anni. Il suo stomaco è gonfio, Brendan è anoressico e racconta ad Allison che vorrebbe mangiare ma soffre di una costante nausea. È incapace di muoversi, le sue gambe sono ridotte all’osso e tutte le terapie hanno luogo nella piccola cella nella quale è recluso, inclusa l’estrazione di un dente fatta nella stessa posizione contorta alla quale lo costringe la fusione delle vertebre dorsali. Sopravvive con una dieta di riso in scatola omogeneizzato, l’unica cosa che il suo fisico debilitato riesce a digerire. Che un uomo in queste condizioni possa essere considerato da Ford un “pericolo per la collettività” è un insulto all’intelligenza e dimostra ancora una volta come Londra e chi la rappresenta nelle Sei Contee stiano in realtà mettendo in atto una vendetta contro un uomo che anni fa militò nelle fila repubblicane. Con la manifestazione di protesta organizzata dal “Coordinamento Amici di Brendan Lillis”, venerdì 29 luglio, di fronte all’ambasciata britannica di Roma, un ponte si è creato fra il Nordirlanda e l’Italia, e l’impegno di molte persone sensibili alla condizione di Brendan è arrivato ai politici italiani, alcuni dei quali si sono esposti in prima persona nel chiedere che il prigioniero nordirlandese venga liberato al più presto. La vicepresidente del Parlamento Europeo Roberta Angelilli, esponente del PdL, ha fatto ieri un’interrogazione alla Commissione sul caso di Brendan, mentre il deputato dell’Idv al Parlamento italiano Felice Zazzera ha scritto una lettera al presidente Napolitano perché si impegni nel chiederne la liberazione nel rispetto dei diritti umani. Non perdiamo le speranze…
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