In Africa uccidono 500mila persone l’anno e alimentano l’instabilità. Per questo va contrastata la vendita incontrollata di armi di piccolo calibro. Lo afferma uno studio dell’organizzazione internazionale, che analizza la situazione in Mali, Repubblica Centrafricana, Sud Sudan, Sudan, Repubblica democratica del Congo, Somalia e Libia.
«La proliferazione di armi leggere e di piccolo calibro (Small Arms and Light Weapons – SALW) è considerata come la causa principale dei conflitti di lunga durata, delle guerre per procura e delle lotte tra fazioni etniche in molte parti dell’Africa. L’ampia diffusione di questo genere di armamenti, in combinazione con il loro uso indiscriminato, ha causato indicibili atrocità, morti, abusi sessuali, sfollamenti, così come ha alimentato la povertà e annientato intere comunità in tutto il continente».
Questo è uno dei punti cruciali dell’ultimo report di ricerca realizzato da Oxfam (confederazione internazionale di organizzazioni non governative) intitolato The human cost of uncontrolled arms in Africa, per documentare il costo umano della vendita incontrollata di armi in Africa, esaminando principalmente sette paesi: Mali, Repubblica Centrafricana, Sud Sudan, Sudan, Repubblica democratica del Congo, Somalia e Libia.
Le testimonianze e le informazioni riportate nello studio costituiscono una prova a sostegno della campagna di controllo delle armi, lanciata da Oxfam nell’aprile 2015, per incoraggiare i paesi africani a ratificare e attuare il trattato sul commercio di armi (ATT) e altri accordi sul controllo degli armamenti regionali.
Il report sottolinea che accreditate stime su scala globale valutano come, a causa della violenza armata e dei conflitti, muoiano in media almeno 500mila persone ogni anno e altri milioni sono sfollate e vittime di abusi.
Per valutare gli effetti in termini economici, il nuovo report cita un precedente studio co-prodotto da Oxfam, intitolato Africa’s Missing BillionInternational arms flows and the cost of conflicts, che nel 2007 rilevò come i conflitti costano all’Africa circa 18 miliardi di dollari l’anno. Un enorme flusso di denaro che potrebbe invece essere impiegato per risolvere le grandi emergenze sanitarie, per prevenire la malaria o provvedere alla sanità, all’educazione, al rifornimento di acqua potabile.
Lo stesso report valutò come il costo dei conflitti attivi nel continente abbia inciso in negativo sullo sviluppo economico dell’Africa per un valore che si aggira intorno ai 300 miliardi di dollari tra il 1990 ed il 2005. Un importo equivalente a tutti gli aiuti internazionali ricevuti dall’Africa subsahariana nello stesso periodo.
Negli ultimi dieci anni, la situazione dei conflitti in Africa è naturalmente mutata. Nuovi scenari di instabilità sono emersi in Libia, Sud Sudan, Mali e nella regione del bacino del lago Ciad, mentre perdurano i vecchi focolai di crisi in Centrafrica, Somalia, provincie orientali della Repubblica democratica del Congo, Darfur e Sahara Occidentale.
In particolare, nell’ultima decade si è registrato un aumento del livello di insicurezza, confermato dai numerosi conflitti armati presenti in tutta l’Africa dove, allo stato attuale, circa 25 paesi sono attraversati da una o più forme di insicurezza: guerre civili, criminalità organizzata, estremismo violento, divisioni etnico-politiche e rivendicazioni secessioniste.
Per questo, conclude il rapporto, la comunità internazionale deve urgentemente mobilitarsi per contrastare la proliferazione incontrollata di armi leggere in Africa. Tenendo presente che per ridurre in maniera efficace il traffico di armi leggere nel continente è necessario il coinvolgimento di attori africani e non africani con un coordinamento intersettoriale delle parti in causa condotto a livello locale, nazionale, regionale e globale.